La stabilità delle piante in ambito urbano: le responsabilità della gestione

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La tematica dei profili di responsabilità che emergono dalle attività di gestione del verde urbano appare assai interessante, in quanto concerne avvenimenti strettamente legati all'immediata esperienza quotidiana, che hanno costituito oggetto di numerose pronunzie giurisprudenziali, sia dei giudici della Suprema Corte di Cassazione, sia dei giudici di merito.

Dalla disamina delle sentenze rese in materia si evince, in particolare, che da tali attività possono emergere differenti profili di responsabilità in capo alle Amministrazioni, soprattutto comunali, per i danni cagionati a terzi dai beni che costituiscono, in quanto accessioni o pertinenze di beni di titolarità pubblica (strade, piazze, parchi, cimiteri, cortili e così via), il loro "verde urbano".

1) La responsabilità civile per danni cagionati dal "verde urbano"

1. Occorre, innanzitutto, analizzare i profili di responsabilità civile che possono derivare da tali attività, e, in particolare, dalla caduta di alberi e rami, che costituiscono i casi statisticamente di gran lunga più frequenti, da cui possono insorgere i predetti profili di responsabilità in capo agli Enti pubblici.

Ebbene, dalla disamina delle pronunzie rese al riguardo, si ricava, in primo luogo, che la giurisprudenza considera l'Amministrazione quale "custode" dei beni del proprio verde urbano; e, conseguentemente, ritiene che l'Amministrazione debba rispondere dei danni cagionati da tali beni, ai sensi dell'ari. 2051 cod. civ. Come è noto, infatti, tale disposizione stabilisce espressamente che "ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito".

Ma cosa comporta l'applicazione dell'art. 2051 cod. civ. alle fattispecie di cui ci stiamo occupando?

Poniamo il caso, piuttosto frequente, di un soggetto che subisca un danno dalla caduta di un albero o di un ramo.

La giurisprudenza ritiene che il danneggiato, in tal caso, debba dimostrare due elementi:

1) che il danno è stato cagionato da una specifica cosa (nel caso che ci riguarda, appunto, un albero, un ramo e così via)¹;

2) che l'Amministrazione ha un effettivo potere fisico sulla cosa medesima, al quale inerisce il dovere di custodire la cosa stessa, cioè di vigilarla e di mantenerne il controllo, in modo da impedire che essa produca danni a terzi.

In presenza della prova, da parte del danneggiato, di questi due elementi (che il danno è stato cagionato dalla cosa; che la cosa è soggetta alla custodia dell'Amministrazione), la disposizione di cui all'alt. 2051 cod. civ. pone, a carico del custode, una vera e propria presunzione di responsabilità²; il che equivale a dire che l'Amministrazione-custode risponde dei danni cagionati dalla cosa in custodia, a meno che non provi che il danno è derivato esclusivamente da caso fortuito, vale a dire da un evento del tutto eccezionale, imprevisto ed imprevedibile - che può essere costituito, eventualmente, anche del fatto di un terzo, ovvero della colpa del danneggiato - il quale abbia determinato da solo l'evento dannoso.

Ma nel nostro caso, cioè nel caso in cui l'evento dannoso sia stato cagionato dalla caduta di un albero, ovvero di un ramo, o, comunque, da un bene appartenente al verde urbano, cosa significa provare il caso fortuito? Sarebbe sufficiente, ad esempio, provare che, al momento del danno, si era verificato un evento atmosferico di rilevanti dimensioni, che aveva concorso a sradicare l'albero, ovvero a far cadere il ramo, per esonerare l'Amministrazione dalla responsabilità?

La Suprema Corte è molto chiara in proposito; non basta, per l'Amministrazione, provare che vi è stato, nel momento in cui il danno si è prodotto, un evento atmosferico di notevole entità; occorre anche dimostrare che il danno si sarebbe verificato comunque, nonostante il custode avesse adottato tutte le cautele necessario per prevenire il danno medesimo.

Risulta cioè necessario, affinché l'Amministrazione vada indenne da responsabilità, che essa offra la prova:

1) che la pianta era in condizioni statiche normali, e non era affetta da vetustà e corrosioni, e che, pertanto, la medesima si trovava in integre condizioni, vegetative e manutentive;

2) che tale situazione di integrità della pianta era nota al custode - cioè all'Amministrazione - perché il medesimo aveva effettuato la doverosa sorveglianza;

3) che nonostante ciò, si è verificato il crollo dell'albero, ovvero la caduta dei rami, che ha cagionato il danno; e che, pertanto, l'evento dannoso è stato determinato da un fatto talmente eccezionale, che si è dimostrato in grado di cagionare il danno in via esclusiva (Cass. Civ., Sez. Ili, 21 gennaio 1987, n. 526, Comune di Torre del Greco c. Marrazzo); e cioè, a prescindere dalle specifiche condizioni della pianta.

Per quanto attiene, pertanto, agli eventi che solitamente sono invocati, in questi casi, dalle Amministrazioni per andare esenti da responsabilità, vale a dire gli eventi atmosferici, occorre rilevare che l'Amministrazione è esonerata dalla responsabilità esclusivamente se fornisce la prova di un evento atmosferico realmente imprevisto ed imprevedibile, la cui intensità ed eccezionalità deve essere stabilita facendo riferimento a parametri di natura statistica, nonché a concreti e specifici elementi di prova, rappresentati, ad esempio, dalle rilevazioni del servizio meteorologico, con specifico riguardo al punto preciso ove si è verificato l'evento dannoso (come stabilito dal Tribunale di Verona, sent. 28 giugno 1994, Salaorni e. Fraccaroli, Turco e Comune di Verona); e tale evento deve essere tale, come detto, da avere determinato da solo il danno.

In assenza di questa prova, pertanto, i danni rimangono integralmente a carico dell'Amministrazione; ciò, si badi, anche se

a) vi è ignoranza sullo stato della cosa (non si è fornita la prova dell'integrità della pianta, ma neppure del fatto che la pianta era in condizioni precarie);

b) se vi è incertezza circa l'effettiva causa dell'evento dannoso (Cass. Civ., Sez. Ili, 21 gennaio 1987, n.522, Comune di Milano c. Bonizzi); c) se l'Amministrazione ha bensì adottato alcune misure per tutelare l'incolumità delle persone e delle cose, ma non gli specifici rimedi richiesti dagli organi tecnici, deputati alla vigilanza del verde urbano³.

Dall'esame delle pronunzie in materia si ricava, pertanto, un orientamento piuttosto rigoroso della giurisprudenza della Suprema Corte, nella valutazone della responsabilità per danni cagionati dal cosiddetto "verde urbano".

2. In sede difensiva, invero, sovente le Amministrazioni hanno provato, al fine di andare esenti dalla responsabilità, a sostenere una tesi differente, fondata su di un peculiare orientamento della Corte di Cassazione.

Esse hanno sostenuto, in particolare, che a tali casi non dovrebbe applicarsi l'art. 2051 cod. civ. - che comporta, come detto, una presunzione di colpa in capo all'Amministrazione, con tutto ciò che

ne consegue in termini probatori - bensì l'art. 2043 cod. civ.: con la conseguenza che dovrebbe essere il danneggiato a dimostrare la colpa dell'Amministrazione, nell'evento causativo del danno.

Secondo tale ricostruzione, infatti, la responsabilità presunta di cui all'ari 2051 cod. civ. non potrebbe trovare applicazione con riguardo ai beni demaniali - come i beni del demanio marittimo, fluviale, lagunare, lacustre, stradale ed autostradale, le strade ferrate -quando a) sui medesimi ha luogo un uso ordinario, generale e diretto dei cittadini; b) essi presentano un'estensione tale, da rendere praticamente impossibile l'esercizio di un continuo ed efficace controllo da parte dell'Amministrazione, volto ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo con danni a terzi4.

Ebbene, a questo principio si sono ispirati, proprio con riferimento all'attività di gestione del vede urbano, alcuni Giudici di merito, sia pure in casi del tutto specifici e peculiari.

Occorre richiamare, in proposito, innanzitutto una recentissima pronunzia resa dal Tribunale di Cagliari (sent. 25 ottobre 2002, O. c. Comune di Cagliari), la quale - sul fondamento della sopra descritta tesi secondo cui "la presunzione di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia, di cui all'ari. 2051 eoa. civ., non trova applicazione nei confronti della Pubblica Amministrazione per i danni cagionati da beni demaniali, che per la loro estensione e per l'uso generale e diretto da parte dei cittadini, non consentono una vigilanza ed un controllo idonei ad evitare l'insorgenza di situazioni di pericolo" ha escluso, nel caso sottoposto al suo giudizio, la responsabilità del Comune per i danni subiti da un passante, che era caduto in una piazza pubblica a causa di un avvallamento del terreno, provocato dalle radici degli alberi.

In secondo luogo, va richiamata una sentenza del Giudice di Pace di Jesi (sent. 30 luglio 1999, Perticaroli c. Comune di Jesi). Tale sentenza ha escluso la responsabilità dell'Amministrazione comunale per i danni subiti da autovetture parcheggiate in appositi spazi adibiti a sosta sulla pubblica via, sotto alberi del verde pubblico, a causa della caduta di rami appesantiti da un'abbondante nevicata; ciò in quanto "il patrimonio arboreo comunale è talmente esteso che si rende praticamente impossibile l'esercizio di un controllo continuo ed efficace che valga ad impedire l'insorgenza di causa di pericolo per i terzi".

Ma a fronte di tale isolate decisioni, aventi ad oggetto casi particolari, va rilevato che la Corte di Cassazione, in una recente pronunzia, non ha ritenuto tali principi applicabili, in via generale, al caso dei danni cagionati dalla caduta degli alberi.

In particolare, la Suprema Corte ha affermato in primo luogo che una pianta non ha un'estensione tale, da non poter consentire un efficace controllo da parte della Pubblica Amministrazione, la quale ha il potere-dovere di custodia sulla medesima; e in secondo luogo, che essa, a differenza del manto stradale, non è oggetto di uso diretto e continuo da parte degli utenti; talché la responsabilità che consegue per eventuali danni cagionati dalla caduta di alberi è quella di cui all'ari. 2051 cod. civ., con la presunzione di colpa già sopra illustrata, e non quella di cui all'art. 2043 cod. civ.

Ne consegue che è l'Ente pubblico custode a dover dimostrare di avere operato un efficace, regolare ed adeguato controllo, e di avere osservato, nella cura delle piante, la diligenza necessaria ad evitarne la caduta, per cui il crollo si è verificato per una causa non ascrivibile a sua colpa; ciò in quanto, sostiene ancora la Corte "la caduta dell'albero, quale fatto che ha causato il danno, è di per sé idonea a far presumere che essa si sia prodotta per colpa dell'ente demaniale e delle sue pertinenze dal momento che la caduta di un albero è normalmente conseguenza di un processo di lunga durata, di cui possono essere avvertiti i segni attraverso una verifica periadica dell'età della pianta e di quei fattori ambientali che ne possono alterare lo stato filo-sanitario al punto da determinarne la caduta" (Cass. Civ., Sez. Ili, 8 novembre 2002, n. 15707).

Quindi si deve, una volta di più, affermare che per consolidato orientamento giurisprudenziale, l'Amministrazione deve provare il caso fortuito, in caso di danno cagionato da piante appartenenti al verde urbano; e l'Amministrazione dovrà dimostrare, pertanto, che il danno è stato cagionato da un evento (solitamente atmosferico) di periata eccezionale, idoneo, da solo, a cagionare il danno, anche in presenza di una pianta in buone condizioni, ed oggetto di un regolare ed adeguato controllo.

2. Non vi è quindi, per le Amministrazioni, alcuna altra via che la difficile prova del fortuito, per andare esenti da responsabilità, in caso di danno cagionato dalle attività di gestione del verde urbano?

Un'altra via, a ben vedere, vi sarebbe; e cioè, l'Amministrazione dovrebbe dimostrare che, pur essendo la titolare del bene, essa non può essere considerata quale "custode" del medesimo, in quanto non ne ha la disponibilità giuridica e di fatto.

Il che potrebbe accadere, a rigor di logica, nel caso in cui l'Amministrazione conceda in locazione il bene a terzi5; ovvero nel caso in cui essa stipuli, con un'impresa, un contratto di appalto per la manutenzione del verde urbano.

In tali casi, infatti, appare del tutto evidente che il potere fisico di controllo sulla res - ed il conseguente dovere di vigilanza sulla medesima - incombe su soggetti terzi.

Non può essere sottaciuto, peraltro, che non mancano pronunzie di segno particolarmente rigoroso, che hanno individuato, anche in tali casi, una forma di responsabilità solidale in capo all'Amministrazione; basti richiamare, al riguardo, una sentenza resa dal Giudice di Pace di Milano (sent. 27 dicembre 2001, De Toma c. Comune di Milano), che, dopo aver rilevato che "la caduta su un'autovettura in transito di un ramo di platanus ibrida, facente parte delle aree a verde pubblico del territorio comunale, non ha i caratteri di imprevedibilità e inevitabilità, anche in assenza di una particolare segnalazione, potendo l'eventualità essere eliminata con la verifica dello stato vegetativo e la potatura annuale" ha concluso che, in tal caso, "la responsabilità va ascritta ex art.

2051 c.c. al Comune in solido con l'appaltatore del servizio di manutenzione del verde pubblico".

2) La responsabilità contabile per le attività di gestione del verde urbano La disamina delle responsabilità da attività di gestione del verde urbano non potrebbe dirsi completa, se non richiamando, in questa sede, anche alcune pronunzie della Corte dei Conti, dalle quali emergono peculiari profili di responsabilità contabile, per i danni cagionati dalle predette attività.

Da una parte, pur in assenza di un orientamento consolidato in materia, non sono mancate sentenze del giudice contabile, di condanna al risarcimento del danno erariale derivato dalla caduta di alberi o rami, qualora sia provato che la medesima è stata cagionata dalla mancanza della necessaria manutenzione, con la sussistenza di una colpa grave del dipendente6.

Dall'altra, talvolta il Giudice contabile ha ritenuto sussistente la responsabilità amministrativa, persino a fronte di comportamenti non direttamente riconducibili all'evento dannoso; basti pensare, in proposito, a quanto recentemente statuito dalla Sezione giurisdizionale degli Abruzzi della Corte dei Conti, la quale ha sostenuto che, in caso di sinistro stradale avvenuto per crollo di un albero a causa di improvviso temporale, "incombe sul sindaco del Comune proprietario dell'albero la responsabilità amministrative-contabile per non aver, contrariamente ai doveri di ufficio, chiamato in garanzia l'assicurazione e manlevato il Comune dal danno erariale derivante dal sinistro" (sentenza 23 gennaio 2002, n. 32, Perin c. N.O.)7.

* * *

In conclusione, dopo avere analizzato i differenti profili di responsabilità che possono conseguire dall'attività di gestione del verde urbano, l'indicazione che pare derivare dalla disamina delle svariate pronunzie giurisprudenziali rese in materia potrebbe essere compendiata con il sempre valido detto "meglio prevenire che curare".

Pertanto, le Amministrazioni potrebbero valutare l'opportunità, al fine di andare esenti da responsabilità, ovvero, comunque di attenuare gli esiti di costose azioni risarcitorie: a) di stipulare apposite polizze di copertura assicurativa; b) di affidare la gestione del verde urbano ad una società di manutenzione del medesimo, qualora il patrimonio arboreo rivesta un'estensione tale da renderlo difficilmente controllabile; e) di dotarsi di specifici strumenti normativi - veri e propri regolamenti per la tutela del patrimonio arboreo - che disciplinino espressamente, tra l'altro, le periodiche operazioni di vigilanza e controllo di tale patrimonio, in modo da prevenire adeguatamente il verificarsi di eventi dannosi. Esempi di regolamenti di tal genere non mancano, del resto, nel nostro Paese; basti citare tra gli altri, gli specifici "regolamenti del verde", adottati non solo da parte di grandi Amministrazioni Comunali (Firenze; Torino), ma anche da piccole realtà locali (Cusano Milanino, Avezzano). E certamente non mancano, nella nostra Provincia, le specifiche competenze tecniche e professionali, che potrebbero essere utilizzate sia in sede di redazione dei predetti regolamenti, sia per le necessarie operazioni di manutenzione e controllo.

 

Avv. Dott. Sandro Manica

 


1 La Suprema Corte afferma, utilizzando una terminologia piuttosto artificiosa, che "il danno deve essersi verificato nell'ambito del dinamismo connaturato alla cosa o dallo sviluppo di un agente dannoso sorto nella cosa" (Cass. civ., sez. Ili, 21 gennaio 1987, n. 526, Comune di Torre del Greco c. Marrazzo).

2 Non vi è dubbio, infatti, che la presunzione di responsabilità stabilita dall'art. 2051 cod. civ. opera anche nei confrontidella P.A., qualora il danno sia stato prodotto da un bene rispetto al quale l'Amministrazione sia in grado di esercitare un potere di controllo idoneo ad impedire l'insorgere di cause di pericolo (Cass. civ., 7 gennaio 1982, n. 58).

3 La Suprema Corte ha ritenuto, in particolare che il danno cagionato dalla caduta dell'albero fosse interamente addebitabile all'Amministrazione, che, nel caso di specie, aveva disposto la potatura ed il puntellamento della pianta, e non come avrebbe dovuto, l'abbattimento della medesima, sebbene il Servizio forestale (organo tecnico) avesse considerato proprio l'abbattimento come l'unico rimedio idoneo per la tutela dell'incolumità delle persone e delle cose. Cfr. Cass. civ., Sez. un, 13 maggio 1998, n. 4825, Min. beni culurali c. Dalle Molle).

4 Cfr., in proposito, Cass. civ., 15 gennaio 1988, 291; Cass, 21 gennaio 1987, n. 526; Cass. 4 aprile 1985, n. 2319; Cass. 30 ottobre 1984, n. 5567; Cass. 7 gennaio 1982, n. 58.

5 Cfr., in proposito, Cass., Sez. un. , 11 novembre 1991, n. 12019 (Carminetti e. Comune di Caldaro), la quale, sulla base del rilievo secondo cui "ove la cosa locata procuri danni a terzi, la responsabilità grava sul soggetto che abbia la cosa in custodia, da intendersi come disponibilità giuridica e di fatto della cosa, con l'esclusione di responsabilità solidale del proprietario", ha imputato i danni provocati dalla caduta di un albero in via esclusiva al conduttore.

6 Corte dei conti, Sez. I, 20 marzo 1992, n. 68, Procura generale c. Pascoli.

7 Di avviso differente, peraltro, la pronunzia della Sezione giurisdizionale per il Veneto, 20 marzo 2002, n. 208, Procura regionale per il Veneto c. B., che ha escluso la responsabilità amministrativa di un Sindaco che non aveva tempestivamente denunziato alla società assicuratrice della responsabilità civile dell'Ente il sinistro stradale cagionato da un grosso ramo, che si protendeva sulla pubblica via.