Alberi killer, bufale e leggende metropolitane

di Fiorenzo Pandini

 

Lo schianto dell’albero può essere un evento inevitabile e imprevedibile quando avviene in occasione di eventi climatici straordinari.

A Roma e a Napoli pare che gli alberi che cadono facciano più morti e feriti che non le rapine in banca!

A prescindere da questa triste statistica, per capire quali siano le cause vere che provocano gli schianti arborei, conviene ascoltare chi ha effettuato le autopsie, ossia le perizie fitopatologiche, sui grossi alberi che improvvisamente sono crollati al suolo anche in giornate di quiete climatica.

Già, perché qui sta il vero grave problema: lo schianto dell’albero può essere un evento inevitabile e imprevedibile quando avviene in occasione di eventi climatici straordinari.
Va invece visto con pesanti sospetti quando avviene in giornate con meteo ordinario.
Quando ciò accade ecco che conviene svegliarsi e fare una attenta autopsia del cadavere (l’albero) in modo da individuare la causa primaria del crollo. Così facendo, scopriremmo che buona parte delle notizie circolate sui quotidiani, ossia le notizie che addebitavano i crolli alle mancate manutenzioni, erano solo leggende metropolitane o bufale prive di fondamento.

Intanto, per rispetto di linguaggio, conviene ricordare a tutti che sull’albero non si fa manutenzione in quanto l’albero non è un manufatto. L’albero non è un oggetto inerte, tipo una panchina o un marciapiede, è piuttosto un soggetto vivente con precise esigenze agronomiche e capacità biologiche.

L’albero viene perciò gestito, e non manutenuto. Detto questo, conviene anche ricordare una frase storica che il Prof. Marco Marro, docente di arboricoltura urbana della Facoltà di Agraria di Milano, già negli anni ’80 ripeteva ai suoi studenti ossia che “l’albero si muove, respira, assorbe e traspira, sopporta il caldo, il freddo e anche gli attacchi dei parassiti ma nulla può contro i due suoi peggiori pericoli: gli urbanisti e le imprese stradali”.

Una recente indagine statistica scopre che negli ultimi 5 anni il crollo degli alberi a Roma è aumentato del 500%. Ecco perché la sindaca Virginia Raggi ha chiesto agli uffici comunali di attuare controlli agronomici sullo stato delle cose e sui protocolli adottati.
Infatti, contrariamente a quanto stampa e tv vanno affermando da mesi, la colpa dei 200 schianti avvenuti a Roma nei primi 6 mesi dell’anno (nda: perfettamente in linea con i 400 crolli del 2018), non è imputabile a “mancate manutenzioni”, inteso come “mancate potature”, bensì a schianti provocati nel 90% dei casi a difetti di radicazione dovuti al sito di piantagione scorretto, lesioni radicali causate da scavi stradali, patologie fungine cariogene del legno radicale.

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1. schianto di un acero affetto da carie bianca radicale

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 2. schianto di un cedro per marciume radicale fungino

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3. rottura grossa branca per fisiopatia del legno da stress idrico

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4. frattura del colletto in un cedro affetto da carie cubica del legno 

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5. frattura del tronco di un pino per carie soffice del legno

Le diagnosi dei dottori agronomi-forestali romani sugli alberi caduti non lasciano dubbi, quasi tutti gli schianti sono dovuti a malconformazioni radicali o a patologie radicali.

Occhio però: su entrambi gli aspetti ben poco potevano le “manutenzioni”, eccezion fatta forse per la possibilità di eliminare l’albero prima del crollo.

Facile a dirsi ma difficile a farsi se è vero, come è vero, che i tagli selettivi portano sempre contrasti con comitati di quartiere, ambientalisti astratti della domenica, volti noti del cinema e della politica che sono sempre pronti a incatenarsi ad un albero pericolante urlando “…mai visto un albero uccidere!”.

E’ successo a Brescia e a Pescara, a Mantova e a Napoli: proteste di piazza contrarie al taglio di alberi nonostante le diagnosi agronomiche dessero esiti infausti.

La bufala della mancanza di potature quale causa degli schianti è perciò una vera fake anche se, in effetti, la riduzione della chioma abbassa sempre la sollecitazione sul piede dell’albero e questo, chiaramente, riduce lo sforzo che le radici devono sopportare.

Ricordiamo però che questa pratica di alleggerimento sulle latifoglie me la posso giocare, vista la loro capacità di rigenerare vegetazione da gemme sottocorticali. Così non è invece per i grandi pini delle strade romane che ogni giorno crollano sulle auto di passaggio e che possiedono una diversa anatomia botanica.
Dire che con le potature avrei salvato i 100 pini crollati questa primavera è perciò una bufala.
Ecco perché non dobbiamo addebitare alla sindaca Raggi tutte le colpe sugli schianti che avvengono alla media regolare di uno al giorno; la colpa va piuttosto addebitata a chi ha progettato il verde senza conoscenze agronomiche (nda: esigenze dell’albero) o a chi ha lesionato le radici con scavi e pavimentazioni (nda: patologia e morfologia radicale) o a chi si oppone ai tagli selettivi sugli alberi individuati pericolanti e irrecuperabili (nda: i filosofi astratti del verde).
Ecco perché a Roma le potature non vanno certamente dimenticate ma, in parallelo, conviene ricordare al Comune che il verde urbano, prima che oggetto architettonico, resta sempre soggetto agronomico e forestale.

Quando lo si capirà, il verde durerà molto, vivrà bene e costerà poco.