La potatura degli alberi ornamentali

Introduzione

La lingua giapponese possiede 150 vocaboli per definire altrettanti tipi diversi di potatura. Noi  facciamo  invece  fatica  ad  usarne  una  mezza  dozzina  ma,  ciò  nonostante,  anche  con  pochi  termini specifici risulta possibile indirizzare la potatura
in modo preciso sui nostri alberi. A prescindere dalle conoscenze di anatomia, morfologia e fisiologia dell'albero, conseguibili solo all'interno di un percorso universitario specifico, resta per tutti aperta la possibilità di imparare sul campo osservando l'albero nella sua crescita naturale come anche nelle “risposte” che dà ai nostri interventi di taglio.
La potatura di un albero ornamentale non è mai una pratica affidata a scienziati o a baroni universitari ma è una  operazione  affidata  a  operatori  che  hanno  seguito  corsi  pratici  di  formazione  o  che  si  sono  formati direttamente sul campo.
Il pericolo non viene tanto da chi non ha “studiato” l'arboricoltura ma, soprattutto, da chi non ha studiato le risposte degli alberi alla motosega.
Chiunque può infatti facilmente leggere la risposta di un cedro ad un capitozzo da cui si genera un moncone legnoso  destinato a non  avere  vegetazione mentre, nel  caso  di  un  tiglio  o  di  una  quercia, la  risposta  è completamente diversa, con emissione di nuovi germogli nella zona di contatto tra l'anello legnoso esterno e la corteccia.
Questo lo insegna la scuola pratica del campo aperto.
L'importante è dare attenzione e ragionare sulla risposta dell'albero ai nostri tagli.
Tra  il  1960  ed  il  1990  sono  state  realizzate  numerose  ricerche  sulla  morfologia,  sullo  sviluppo  e  sulla fisiologia  degli  alberi.  Parallelamente, dal  1980,  gli  agronomi  del  nord-Europa avevano esportato  anche nelle nostre terre i nuovi metodi di potatura degli alberi ornamentali.
Queste ricerche sarebbero rimaste senza risvolti nella pratica arboricola e le nuove tecniche non si sarebbero mai diffuse se  il Ministero francese dell'Ambiente non avesse promosso, nel periodo compreso tra gli anni 1985 e 1990, l'esecuzione di lavori allo scopo di applicare i risultati delle ricerche teoriche nell'arboricoltura urbana.
I centri universitari francesi che fecero scuola agli agronomi italiani sono questi:
       •   Università di scienze agrarie di Montpellier: AgronomiProff. F. Hallee R.A.A. Oldeman
       •   Università di scienze agrarie di Clermont-Ferrand: AgronomoProf. P. Champagnat
       •   Università di scienze agrarie di Marseille e d’Orsay: Agronomo Prof. R. Nozeran
       •   Centro ENSA di Rennes: Agronomi J. Duchensee P. Raimbault.
Lo  scopo  delle  ricerche  agronomiche  era  quello di  arrivare  ad  un  metodo  di lettura dello stato dell'albero (una vera diagnosi dello stato fisio-morfologico dell'albero)sviluppato in 3 punti:
       •   collocare la specie dell’albero studiato in una delle 24 architetture strutturali possibili,
       •   collocare l’albero studiato all'interno del ciclo di sviluppo caratteristico della specie,
       •   effettuare la diagnosi dello sviluppo e il disegno progettuale delle potatura migliore

1)MODELLI ARCHITETTONICI


Forma  e  portamento  dell'albero  vanno  a  formare  la  sua morfologia,  sconvenientemente  indicata  come architettura dell’albero.
La  morfologia  è  il  risultato  di  fenomeni  chimici  interni  che regolano  la  vita  della  pianta  e  che,  nel  suo insieme, vanno a rappresentare la fisiologia della vita dell'albero.
Anatomia,  fisiologia  influenzano  crescita  e  sviluppo  e,  questi  due  nel  loro  insieme,  vanno  a  generare  la morfologia.
Per ogni specie potremo però parlare di morfologia ideale ma anche di morfologia reale: la prima riguarda la forma tipicamente presa da una specie in condizioni ambientali standard e senza interventi traumatici esterni. La seconda è invece molto più influenzata da condizioni ambientali anomale o fisicamente molto incidenti.
Immaginiamo il caso degli alberi esposti ad una forte ventosità che darà origine a crescita inclinata verso la parte  sottovento,  come  anche  pensiamo  alle  conseguenze  sulla  forma  di  un  albero  dopo  una  potatura maldestra e molto pesante.
La crescita resta comunque sempre un fenomeno quantitativo mentre lo sviluppo è un fenomeno qualitativo. La morfologia ideale, che rappresenta semplificando l'immagine-tipo di una specie arborea, varia però molto con l'età: basta vedere  la forma  di  un  tiglio  di  qualche  anno  di  vita  e  confrontarla  con  quella  di  un  tiglio secolare.
Queste variazioni della morfologia di crescita sono molto complesse e tipiche di ogni specie.
Quando la crescita degli assi vegetativi e la loro ramificazione è continua, la ramificazione diventa regolare e densa, come nel caso delle Cupressaceae.
Quando  invece  la  crescita  presenta  più  frequentemente  un  ritmo  annuale,  persino  di  più  cicli diversi  nello stesso anno, ecco invece che  la ramificazione diventa ciclica e  va a formare dei palchi come  nel caso degli abeti.
Le branche, e spesso anche il fusto principale, possono andare incontro ogni anno alla morte del meristema apicale (crescita simpodiale) o tramite l'aborto vegetativo (come nel caso delle Leguminose, dei tigli, degli ippocastani, degli aceri adulti o delle giovani querce.
In altre specie il meristema apicale prosegue invece la sua crescita ogni anno (crescita monopodiale) come avviene nei aceri giovani, nelle querce adulte, frassini, abeti, tuja.
Gli elementi costitutivi dell'albero –radici,  foglie,  fusto–influenzano  reciprocamente  il  loro  sviluppo attraverso delle correlazioni tra questi organi.
L'esempio  più  importante  è  la dominanza  apicale, che  è  l'influenza  che  un asse  principale  in crescita esercita sullo sviluppo di un asse secondario.
Negli alberi giovani, per esempio, il fusto indirizza  lo sviluppo dei rami verso  una  crescita  orizzontale  con una  ramificazione preferenziale  sul  loro  lato  inferiore,  che viene  chiamata  ipotonia  (nell'acero  e  nella tuja), oppure con una ramificazione indirizzata in modo preferenziale sul lato e che viene chiamata anfitonia (negli abeti).
Questo  insieme  di  caratteri,  chiamato plagiotropia,  è  debole  e  labile  nel  primo  caso  mentre  risulta  più marcato e persistente nel secondo caso.
Un frassino o una tuja saranno quindi costituiti da branche che terminano verticalmente (ortotrope).
Un abete manterrà al contrario le sue branche orizzontali (plagiotrope).
La  dominanza  della  parte  apicale  dell'albero  provoca  la  scomparsa  progressiva  delle  branche  basali nell'acero,  mentre  nella  tuja questa  dominanza  è  meno  marcata  e  quindi le  branche  basali  sfuggono abbastanza presto alla dominanza esercitata dal fusto leader, raddrizzandosi e costituendo dei fusti secondari codominanti (fenomeno della basitonia).
Negli abeti, il fusto-leader esercita per molto tempo la sua dominanza e le branche sottostanti si sviluppano in  maniera  plagiotropa,  mentre  nella Gleditschiail  leader scompare  molto  presto  e  il  plagiotropismo  si estende verso tutti gli assi compreso il tronco dell'albero che distende a questo punto il suo apice.
La  combinazione  dei  caratteri  precedentemente  illustrati  porta  alla  definizione  di  tipologie  di  architettura morfologica strutturale, da scollegare assolutamente con qualsiasi collegamento con la figura dell'architetto!Le osservazioni sugli effetti dei tagli di potatura sono il vero campo-scuola di chi non ha avuto la possibilità di  affrontare  un  percorso  di  studio  universitario  e  rappresentano,  se  ben  osservati,  una  fonte  inesauribile  di risposte su quello che l'albero farà dopo un taglio.
La  risposta,  a parità di specie, non sarà però sempre la stessa proprio perché l'età fisiologica dell'albero influenza molto la sua “idea” di crescita.
La  sequenza  di  disegni  sotto  riportati  è  molto  indicativa  in  questo  e  può  rappresentare  il  comportamento naturale di un tiglio, dalla sua nascita fino all'età sovra-matura di 500 anni e senza nessun intervento umano di potatura.
Architettura dell’albero: le 10 fasi fisiologiche tipicamente utilizzate per spiegare i complessi fenomeni della crescita e dello sviluppo dell’albero.

Modello Cupressaceae

Tuja: fusto-leader e  branche  monopodiali  a  crescita  continua,  ortotrope;  ramificazione  del  tronco  e  delle branche  densa  e  regolare;  dominanza  apicale  facente  posto  alla  base  del fusto ad  una  forte  basitonia che trasforma le branche basali in fusti secondari.

Modello Frassino e Acero

Frassino:fusto-leader e  branche  monopodiali  a  crescita  ritmica;  ramificazioni  del fusto e  delle  branche marcatamente  disposte  su  piani;  ortotropismo e  ipotonia  persistenti;  forte  dominanza  apicale  che  elimina  i rami bassi sul fusto.
Acero  di  monte (Acerpseudoplatanus): fusto e  branche  monopodiali,  successivamente  simpodiali,  crescita ritmica, ramificazione  delle  branche  fortemente  disposta  su  palchi. L'ortotropismo lascia posto nella pianta adulta  ad un plagiotropismo crescente; forte  dominanza  apicale che elimina  i rami disposti più in basso sul fusto.

Modello Ippocastano

Ippocastano (Aesculus hippocastanum): fusto monopodiale; branche monopodiali che diventano simpodiali a seguito  della  fioritura  terminale,  crescita  ritmica,  ramificazione  delle  branche  marcatamente  disposta  su palchi; ipotonia fortissima e molto persistente; ortotropia persistente, dominanza apicale abbastanza marcata che elimina i rami sottostanti sul fusto.

Modello Abete

Abete (Abies)   e peccio (Picea): fusto e   rami   monopodiali,   tronco   ortotropo   branche   plagiotrope   con ramificazione anfitonica 'a piatto',  crescita  ritmica, ramificazione  delle branche e  del tronco  marcatamente disposta  su  palchi,  dominanza  apicale  molto  persistente  poco  influente  sui  rami  più  bassi  ma  che  limita  il loro sviluppo mantenendo un apice vegetativo attivo per più di 50 anni.

Modello Platano

Platano (Platanusxacerifolia): fusto e  branche  simpodiali,  crescita  ritmica,  ramificazione  a  palchi; fusto ortotropo, branche all'inizio debolmente plagiotrope infine  fortemente  plagiotrope;  ipotonia  inizialmente forte che con il tempo tende a scomparire progressivamente; dominanza apicale netta che elimina branche e vegetazione  alla  base  ma  basitonia  assai  marcata  che  mantiene  alcune  branche  basali  di  grossa  dimensione sul fusto.

Modello Tiglio e Gleditschia

Tiglio (Tilia): fusto e  branche  simpodiali,  crescita  ritmica,  ramificazione  dense  e  debolmente  disposta  su palchi; ipotonia netta ma saltuaria, tutti gli assi assumono carattere marcatamente plagiotropo: l'ortotropia si esprime sull'albero giovane ma tende a scomparire su quello adulto; la dominanza apicale è abbastanza debole, la basitonia al contrario è molto forte e può mantenere diverse branche nelle parti basse provocando anche sviluppo di polloni.

♦ Spino di Giuda (Gleditschiatriacanthos): fustoe branche simpodiali, crescita ritmica, ramificazione disposta a palchi; ipotonia molto debole, tutti gli assi si mantengono marcatamente plagiotropi; solo gli assi molto  vigorosi  e  ben  radicati  esprimono  un significativo  grado  di  ortotropia;  forte  dominanza  apicale  che elimina i rami basali.

♦ Modello fastigiato: cloni   fastigiati   delle   Cupressaceae,   Carpino   piramidale   (Carpinus   betulus “pyramidalis”), Pioppo cipressino (Populus nigra “Italica”), Quercia piramidale (Quercus robur “fastigiata”) Robinia piramidale (Robinia pseudoacacia “fastigiata“), ecc...: fusto e branche mono o simpodiali, crescita continua   o   ritmica,   branche   ortotrope   e   fortemente   ipotoniche   con   ramificazione   densa,   regolare   o debolmente  disposta  a  palchi;  debole  dominanza  apicale  che  consente  la  formazione  di  tronchi  secondari paralleli al tronco principale; basitonia netta che mantiene rami vigorosi lungo tutto lo sviluppo del tronco ed in particolare nella sua parte bassa.

CURIOSITÀ: La matematica nella forma e nelle dimensioni degli alberi

Lo sviluppo di un albero nei suoi rapporti di lunghezza, spessore, angolo e numero di ramificazioni, risponde a precise regole fisiche e matematiche che ne regolano il rapporto in relazione al funzionamento idraulico, all'accesso alla luce, all'equilibrio  statico,  e  così  via. In  altre  parole,  la  crescita dell'albero  in  continuo  adattamento  all'ambiente  esterno segue  regole  costanti  descrivibili  matematicamente  attraverso  la  geometria  frattale  al  cui  fondamento  troviamo l'autosomiglianza, cioè la reiterazione del modello in scale differenti. La  ricerca morfogenetica  botanica  si  è  avvalsa  negli  ultimi  anni  delle  capacità  di  calcolo  del  computer  per  creare modelli anche visuali dei fenomeni naturali rivelandone le costanti matematiche e confermando scoperte di scienziati e matematici dell'antichità, come Fibonacci e Leonardo da Vinci.

L'operatore serio che lavora in arboricoltura deve da subito separare due mondi:

  • Arboricoltura dei FRUTTIFERI
  • Arboricoltura ORNAMENTALE
La prima è  un  mondo  a  sé  e  deve  sottostare  alle  esigenze di  fruttificazione  di mele,  pere, pesche  o albicocche.
La seconda non ha invece nulla a che vedere con la produzione regolare di frutta e quindi è svincolata dalle rigide regole della potatura dei fruttiferi.
Vediamo quali sono questi paletti che l'arboricoltura ornamentale pone a chi si occupa delle potature sugli alberi ornamentali.
L'operatore deve intanto avere chiari due elementi:
  • vizi e virtù della crescita dell’albero;
  • ubicazione dell’albero(e sua frequentazione conseguente).
La semplice distinzione degli alberi in 2 gruppi:
  • a foglia caduca;
  • sempreverdi;
non  aiuta  molto  nella  comprensione  di  vizi  e  virtù  degli  alberi  in  quanto  sia  tra  le  caducifoglie  che  tra  le sempreverdi abbiamo specie diversissime.
Tra le prime proviamo a confrontare un taxodio e un tiglio; li troveremmo inavvicinabili come anche, tra le seconde, non riusciremmo mai ad avvicinare una magnolia ad un cedro.
Troppo diversi.
Questa semplice distinzione tra caducifoglie e sempreverdi non è perciò molto utile per chi deve gestire una potatura.
Vizi e virtù di un albero sono infatti diversissimi da specie a specie.
Non solo: la stessa specie ha comportamenti fisiologici e morfologici molto diversi in funzione della sua fase di maturità.
Proviamo a pensare alla risposta al taglio di un “giovane” rovere dell'età di 50-60 anni rispetto alla risposta di un vecchio rovere senescente di 800 anni di età.
Sempre  di  rovere  si  tratta  ma  nel  primo  caso  la  risposta  alla  potatura  sarebbe completamente  diversa  da quella sulla seconda quercia.
Il  confronto  non  sarebbe  addirittura  possibile  tra  un  pioppo  di  50-60  anni  e  un  suo  consimile  di  800  anni perché mentre un rovere di 60 anni è un giovanotto, un pioppo della stessa età è ormai una pianta decrepita e a fine ciclo.
Il secondo aspetto, quello  relativo all'ubicazione dei soggetti da potare, assume particolare importanza sia in termini economici che in quelli della sicurezza.
Infatti,  le  statistiche  confermano  che  gli  interventi  cesori  sono per  2/3  eseguiti  sulle  alberature  dei  viali stradali urbani, quelli appunto più vulnerabili nel caso di caduta di rami.

2) CRITERI DI POTATURA


2.1 SCOPI

La potatura ha esclusivamente scopo produttivo nelle piante da frutto mentre possiede significati legati alla sicurezza, all'ingombro e all'estetica nel caso degli alberi ornamentali di viali e giardini.
Nei boschi, come tutti sappiamo, la potatura non ha nessun senso a meno che non si consideri tale il taglio al piede effettuato con scopi di diradamento nei boschi fitti. In effetti, con un occhio particolare, tale intervento potrebbe essere visto come una “potatura” della massa arborea nel suo insieme.
In particolare, per quanto riguarda l'ambiente urbano, la potatura deve essere finalizzata al conseguimento di alcuni obiettivi come:
  1. favorire la longevità della pianta;
  2. mantenere il più possibile il portamento voluto;
  3. risolvere i problemi di sicurezza,
  4. risolvere i problemi di ingombro;
  5. rimuovere focolai di parassiti anche pericolosi per l’uomo(es: processionaria della quercia).
Questi sono i 5 obiettivi primari che deve avere sia il tecnico che l'operatore.
Ricordiamocelo sempre: un albero non potato vive sempre più a lungo di un albero potato come anche  un albero in ambiente naturale vive sempre più a lungo di un albero posto in ambiente urbano.
Con la potatura l'albero va "guidato nella crescita" e impostato affinché riesca a vegetare in un ambiente spesso difficile per la cattiva qualità del suolo o per la competizione e il disturbo dei manufatti aerei.
In città, nei viali alberati, la potatura prende perciò due scopi essenziali:
  • alleggerire  la chioma in quanto le radici lesionate dagli scavi hanno difficoltà a sostenere l’albero,
  • ridurre la chioma in quanto gli edifici o i cavi aerei sono in competizione con le branche.
Potatura speciale “a testa di salice” eseguita su tigli esemplari in preparazione di un grande trapianto programmato su 3 anni di lavorazione delle zolle e ridimensionamento delle chiome

 2.2 TIPI DI TAGLIO

Definiamo  intanto  alcuni  significati  importanti  relativi  alla  differenza  tra  potatura  ricca  e  potatura  povera, che riguarda le gemme, dalla differenza tra potatura pesante e potatura leggera, che riguarda il legno.
Definiamo potatura ricca l'asportazione  di  un  gran  numero  di  gemme  e  potatura  povera una  potatura  che asporta una quantità più modesta di gemme.
Ricchezza e povertà sono perciò riferite alla quantità di gemme asportate.
Quali  le  conseguenze:  una  potatura  ricca è  sempre causa  di  emissione  di  polloni  molto più elevata  e disordinata rispetto ad una potatura povera per via del fatto che l'albero “sente” la perdita di molte gemme e la  controbilancia  andando a  risvegliare  gemme  secondarie  o  dormienti poste  sotto la  corteccia, a  loro  volta responsabili della emissione dei polloni.
La  potatura  ricca  può  perciò  aumentare  il  vigore  delle  gemme  lasciate  ma  anche  può  risvegliare  molte gemme dormienti o secondarie, capaci di emettere polloni anche vigorosi e indesiderati.
Potatura pesante e potatura leggera sono invece termini che riferiamo alla quantità di legno asportato e non alla  quantità  di  gemme. Ricordiamo  sempre  che  il  legno,  in  periodo  invernale,  è  sede  di  deposito  delle sostanze energetiche di riserva dell'albero: più legno si va ad asportare e più energie l'albero perde.
Ovviamente,  il  dare  un  valore  al  significato  di  pesante  o  leggero  è  molto  soggettivo  perché  materialmente non possiamo dare dei valori numerici rigidi.
La sensibilità e l'esperienza, in questo, sono gli unici metri di misura.
Concludendo, l'operatore che deve affrontare una potatura dovrà sempre:
  • valutare le condizioni del soggetto in merito a portamento, vigore, ubicazione;
  • valutare la combinazione più opportuna dei tagli e la loro intensità;
  • impostare l’intervento per risanare ed equilibrare al meglio il soggetto considerando al meglio le condizioni di “portanza” delle radici (l’effetto vela della chioma è un elemento da considerare sempre come vincolante.
Recenti acquisizioni sperimentali sulle reazioni dei tessuti vegetali ai tagli, ed in particolare alle modalità di formazione del callo di cicatrizzazione che rappresenta la più importante attività fisiologica del vegetale per impedire l'inoculo di malattie del legno, consigliano di attenersi ad alcune  tecniche  specifiche che  le  figure seguenti illustrano schematicamente.
Elemento anatomico di riferimento su cui orientare il taglio è la zona del “collare” del ramo.
Il  taglio  sul  collare  è  quello  che  dà  maggiori  possibilità  di  buona  sigillatura  della lesione  con  rapida  e omogenea differenziazione di legno di reazione da parte del cambio cribro-vascolare, tessuto meristematico secondario deputato a costruire ogni anno nuovi anelli di legno vascolare e libro floematico.
Se il taglio è troppo raso al fusto, ovvero se è troppo esterno sul ramo, il risultato si manifesta sempre in una cattiva chiusura della sezione di taglio da cui consegue l'instaurarsi di carie fungine incurabili e pericolose per la struttura dell'albero.

Nel gergo comune distinguiamo 5 tipi di taglio:

  1. spuntatura
  2. speronatura
  3. diradamento
  4. taglio di ritorno
  5. taglio di risanamento
1) Spuntatura
L'intervento  prevede  l'intervento  sulla  parte  apicale  di  un  ramo  di  pochi  centimetri  di  sezione  con asportazione del cimale. Il taglio comporta l'asportazione di una ridotta quantità di legno e il taglio va inquadrato come “taglio lungo”.

Dal  punto  di  vista  della  fisiologia  vegetale,  la  spuntatura limita  l'accrescimento  e  generalmente  favorisce l'irrobustimento delle zone basali della pianta.
Inoltre stimola lo sviluppo di nuove gemme lungo tutto l'asse dei rami ed in particolare nella porzione basale di  questi. Questa  operazione  di  potatura  produce  effetti  diversi  se  applicata  su  soggetti  vigorosi  o  soggetti deboli come anche su soggetti giovani rispetto a soggetti a fine ciclo.
Con la spuntatura si va ad influenzare molto la morfologia (portamento) dell'albero in quanto si vanno ad alterare   i   fenomeni   ormonali   di   dominanza   apicale:   il   risultato   sulla   pianta   tende   a   portare   verso l'affastellamento e alla codominanza.
2) Speronatura
Consiste  nel  taglio  di  raccorciamento  eseguito  sulla  parte  basale  dei  rami  o  delle  branche  e  comporta l'asportazione di buona parte della vegetazione. Viene pertanto considerato un tipo di “taglio corto”.

Questa  operazione  di potatura comporta una importante riduzione del   numero   delle   gemme   e,   pertanto,   le   gemme   conservate godranno  di  molta  più  linfa  di  quanta  ne  avrebbero avuta senza questo tipo di taglio.
In caso di speronatura molto spinta, spesso accompagnata anche da diradamento,    è    possibile    avere    due    risposte    indesiderate dall'albero:
  • risveglio   delle   gemme   basali   dormienti   con   emissione   di polloni;
  • affastellamento in prossimità del taglio nel caso non ci sia uno sperone  forte  e  vigoroso  (in  questo  caso  il  taglio  diventa  in mini-capitozzo e l’emissione dei polloni provoca codominanza per via della mancanza di un leader di vegetazione dominante;

Una  speronatura  corretta  genera  rami  con  sviluppo  vigoroso  ed  abbassa  la  corona  della  chioma  in vegetazione.
La spuntatura è una pratica tipica sulle giovani piante, la speronatura diventa frequente sulle piante mature. 
3) Diradamento
Si tratta di asportare completamente rami o branche con taglio al collare di inserzione.
Il  taglio  asporta  interamente  un  ramo  o  una  branca  dell'impalcatura.  In  quest'ultimo  caso  parliamo  di capitozzo raso, pratica da evitare se non per gravi motivi di sicurezza.
Un buon diradamento può essere effettuato fino a tagli che non superano i 10 cm ma sempre sul collare del ramo.
Dal punto di vista fisiologico, è dimostrato che, a parità di legno asportato, il diradamento sottrae una minor quantità di sostanze di riserve energetiche all'albero rispetto alla speronatura o alla spuntatura e questo va a pieno vantaggio del vigore delle radici, meglio nutrite dalla chioma.
Gli alberi sottoposti al diradamento formano una chioma meno compatta, più equilibrata, meglio illuminata, più robusta.

Il diradamento, asportando anche parte della porzione centrale della chioma, favorisce la benefica azione di contatto  dei  raggi  solari  ed  abbassa  il  tasso  di  umidità  fra  le  foglie  limitando  gli  attacchi  parassitari  e consentendo una migliore lignificazione delle branche.
In  genere  si  può  affermare  che,  mentre  il  raccorciamento  (speronatura  e  spuntatura)  favorisce  l'attività vegetativa, il diradamento favorisce l'equilibrio, l'irrobustimento e la fioritura della pianta.
Il diradamento non va però sempre eseguito perché alzala corona della chioma.
La  miglior  potatura  standard  sugli  alberi  richiede  infatti  la  compartecipazione  dei  tagli  di  diradamento  con quelli di “ritorno” eventualmente abbinati a speronatura, spuntatura.
4) Taglio di ritorno
Consiste nel recidere il ramo o la branca immediatamente al di sopra di un ramo di ordine inferiore a quello che si elimina.
Il  ramo  conservato,  che  deve  essere  sano  e  ben  orientato  in  modo  da  evitare  ramificazione  difettose, sostituisce la cima di quello asportato assumendone le funzioni.
E'  considerata  un'operazione  di  potatura  "indiretta"  in  quanto,  anche  se  il  soggetto  viene  privato  nel  suo complesso  di grosse quantità  di  legno,  e  ridotto  nelle  sue  dimensioni,  consente  sia  di  mantenere  una armonica successione fra i diametri dei diversi assi vegetativi (rami, branche), che di mantenere una adeguata carica di gemme.
Evidentemente questa potatura può essere applicata esclusivamente quando esistono in prossimità del punto di taglio dei rami affidabili di ordine inferiore.
Non  sempre  questo  requisito  è  però  presente  per  via  di  difetti  di  crescita,  lesioni  di  varia  natura,  carie fungine,  precedenti  capitozzi  maldestri,  ecc... in  questi  casi  il  taglio  di  ritorno  diventa  impossibile  e l'operatore dovrà orientarsi verso altre soluzioni.
Dal  punto di  vista  fisiologico,  è  interessante  vedere  quali  reazioni  hanno  gli  alberi  sottoposti  a  regolari  e corrette potature con tagli di ritorno sul medio (anni)  e lungo termine (decenni).
In primis viene la drastica riduzione di polloni in corrispondenza del punto di taglio.
Infatti  la  presenza  del  prolungamento  dei  rami  (cima)  fa  sì  che  la  linfa  si  distribuisca  più  uniformemente dalla inserzione fino alla gemma apicale evitando un suo accumulo nella zona di taglio.
Non da meno viene la migliore distribuzione della linfa nella pianta.
Infatti, evitando il richiamo di linfa nella zona prossima al taglio, si evita di sottrarre alla parte inferiore del ramo sostanze nutritive col vantaggio che risultano ridotti i problemi causati da:
  • attacchi parassitari;
  • indebolimento della branca;
  • accentuarsi di seccumi sui rami abbandonati dalla linfa.
Considerato  che  questa  operazione  di  potatura  estrinseca  il  massimo  degli  effetti  se  applicata  su  rami  di diametro  non  superiore  ai  10  cm,  è  evidente  che  le  lesioni provocate  dai  tagli  avranno  superfici  di  sezione facilmente “sigillabili” dal cambio cribro-vascolare con produzione di nuovo legno di reazione.
Il fenomeno  è  molto evidente sui faggi capaci di formare  autentici “sigilli” perfettamente lignificati in prossimità dei tagli.
Potatura con tagli di ritorno a tutta cima su platani
 
Giovane  ippocastano  messo  a  dimora  senza  potature  di preparazione.  Il  rinvio  delle  potature  di  allevamento  al  2°-3° anno dall'impianto è motivato dalla buona qualità dell’apparato radicale,  capace  di  sostenere  le  richiesta  della  chioma  integra senza necessità di asportazione di legno e di riserve della pianta.
5) Taglio di rimonda e di risanamento
I   tagli   rimonda sono   interventi   straordinari   legati   alla necessità  di  provvedere  alla  rimozione  di  rami  o  branche spezzate o cariate.
L'intervento  ha  perciò  una  funzione  in  parte  estetica  ma soprattutto sanitaria.
Il  taglio  di  ritorno  va  possibilmente  eseguito  sempre  sul collare.
Tipicamente  i  tagli  di  rimonda  sono  richiesti  dai  vecchi alberi  che  mostrano  rami  interni  rinsecchiti  a  seguito  di “aborto” naturale indotto dalla pianta stessa che va ad auto-potarsi a  seguito  dello  sviluppo  della  corona  fogliare  sempre  più esterna.
La  presenza  di  pesanti  seccumi  è  diffusa  in  tutti  i  vecchi alberi   e   non   è   da   considerarsi   elemento  anomalo   o   di debolezza sanitaria.
La  branca  rinsecchita  rappresenta  però  un  grosso  pericolo per i frequentatori dell'area entro la proiezione della chioma a  terra  e  pertanto,  per  la  gestione  in  sicurezza,  questi  rami secchi vanno eliminati almeno ogni 10-20 anni.
Tagli di risanamento su vecchio cedro
 
Falsi tagli di “risanamento” eseguiti su un vecchio filare di tigli. Nella realtà il taglio risulta essere un classico capitozzo malamente eseguito e privo di giustificazioni. Il danno è doppio e si ripercuote sull'indebolimento energetico delle piante come anche sulla loro vulnerabilità all'aggressione delle carie legnose nei grossi tagli di potatura
6) Asportazione di gemme e asportazione di legno
La  spuntatura,  la  speronatura,  il  diradamento  ed  il  taglio  di  ritorno  producono  ciascuno  effetti  diversi  sulla stessa pianta.
Un cantiere di potatura può benissimo comprenderli però tutti in simultanea sulla stessa pianta.
Anzi, è giusto dire che sempre i quattro tipi di taglio andrebbero eseguiti per meglio equilibrare l'albero.
La vera difficoltà per l'operatore è quella di dosare in modo opportuno questi quattro tagli in relazione al soggetto  sul  quale  si  opera,  alle  situazioni  di  fatto  esistenti  ed  agli  obiettivi  che  si  vogliono  raggiungere (vincoli urbani, disponibilità economica, sicurezza verso l'utenza, ecc.) tenendo in considerazione i principali parametri  tecnici  che  aiutano l'operatore  a  proporzionare  il  dosaggio  delle  varie  operazioni:  il  portamento naturale  della  specie  (a  cui  la  potatura,  per  quanto  possibile,  si  deve  sempre  avvicinare),  il  turno  fra  un intervento  e  l'altro,  lo  stato  fitosanitario  del  soggetto  ed  infine  le  caratteristiche  costanti  della  specie (resistenza alle avversità atmosferiche).
Tutto quanto sopra riguarda il tipo di taglio e si riferisce agli aspetti qualitativi; nulla abbiamo ancora detto invece sulla intensità di potatura, intesa come massa biologica dell'albero da eliminare.
Ci riferiamo, in questo, alla quantità di legno da asportare.
Anche  la  simmetria  non  va  intesa  in  senso  strettamente  geometrico  ma  piuttosto  come  equilibrio  tra  le diverse branche ed i loro centri di vegetazione (le gemme).
Ne  consegue  che  quando  in  un  albero  non  equilibrato  si  hanno  branche  di  diverso  sviluppo,  per  riportare l'equilibrio fra di esse si devono seguire i seguenti criteri:
  • la  branca  vigorosa  andrà  sottoposta  a  tagli  di  accorciamento  per  aumentare la  competizione  tra  i numerosi rami basali emessi in competizione reciproca;
  • la  branca  debole  andrà  invece  sottoposta  a  tagli  di  diradamento  che  riducano  il  numero  dei  rami aumentandone il vigore e la spinta di punta.
Considerando poi il flusso della linfa è importante ricordare che essa tende a salire dalle radici alle branche il più verticalmente possibile e quindi abbonda nei rami verticali e scarseggia nei rami orizzontali.
Ne deriva che i rami verticali raggiungono uno sviluppo maggiore mentre quelli orizzontali si indeboliscono. Inoltre va tenuto presente che la linfa si concentra nelle gemme situate in prossimità dei tagli provocando in tal punto lo sviluppo di germogli vigorosi ma con inserzione debole.
Ritornando  alle  nozioni  pratiche  di  potatura  va  ricordato  che  sopprimendo  una  branca,  la  linfa  va  ad avvantaggiare le altre, così accade che in una branca tagliata corta si sviluppano germogli più vigorosi che in una branca tagliata lunga.
Questo avviene soprattutto nelle piante giovani, mentre nelle piante adulte la soppressione di una branca non avvantaggia   le   altre   in   quanto   ciascuna   di   esse   tende   ad   assumere   una   propria   individualità. La  conseguenza  pratica  è  che  risulta  conveniente  effettuare  una  corretta  potatura  di  formazione  nella  fase giovanile delle piante.
Gli obiettivi che si devono raggiungere nella gestione arborea del verde urbano riguardano la conservazione in piena sicurezza dell'albero, la cura del suo valore ornamentale e la garanzia della sua massima longevità. E' evidente che la potatura, in questo, è capace di soddisfare molto bene i tre requisiti ma da sola non basta se non supportata da altre attenzioni.
Ci riferiamo alla cura della sanità dei suoli, alle irrigazioni di soccorso, alla tutela nei cantieri di scavo, alla difesa antiparassitaria e, non ultimo, alla qualità di partenza del materiale vivaistico messo a dimora.
Alcuni  aspetti  di  natura  agronomica  che  possono  indirizzare una  potatura in un senso o nell'altro, sono  i seguenti:
       •   Sesti d'impianto
La distanza d'impianto fra gli alberi, soprattutto lungo i filari stradali, deve necessariamente tener conto della “forza di crescita” della specie botanica da cui dipende, in effetti, la dimensione finale.
Ad  esempio: per alberi  di prima grandezza,  che raggiungono  un  diametro  della  chioma  superiore  a  10 m,  il sesto d'impianto non dovrà essere inferiore almeno a 10 m.
       •   La qualità delle radici del materiale vivaistico
E' molto importante nel valutare la necessità di potature per l'impianto dei nuovi alberi in quanto la buona preparazione vivaistica al trapianto riduce le necessità di tagli al momento della piantagione.
Una cattiva qualità e quantità delle “barbe radicali” nella zolla al momento della piantagione rende infatti necessario l'abbassamento del numero di gemme da lasciare sulla pianta in fase di piantagione per evitare una  elevata  fogliazione  primaverile non  sostenibile  dalle  radici  della  pianta  mal  lavorata  (mal  preparata) in vivaio.
La  corretta  coltivazione  dei  giovani  soggetti  in  vivaio  attraverso  le  corrette  zollature  di  preparazione consente di evitare, addirittura, qualsiasi necessità di potatura all'atto della piantagione, garantendo alla pianta la piena conservazione delle riserve energetiche del legno dei rami.
       •   I turni di potatura adottati nel passato
Sono importantissimi nel condizionare il tipo di potatura che dobbiamo adottare.
Con turni molto lunghi è inevitabile la necessità di procedere a tagli pesanti addirittura con capitozzi a meno che non si accetti una forte espansione della chioma.
I capitozzi però sono sempre vie di ingresso dei funghi cariogeni che vanno ad insediarsi nel legno esposto e che possono addirittura portare a pericolose fratture del fusto.
Pur non essendoci regole rigide, possiamo però immaginare come di buona prassi agronomica queste note:
       1)nei primi 10 anni dall'impianto è bene applicare tagli leggeri di “allevamento” (termine zootecnico di uso comune) almeno ogni 2-3 anni;
       2)nei 3 decenni successivi è bene intervenire almeno ogni 5-6 anni con tagli leggeri di riequilibrio;
       3)oltre il 30° anno la potatura andrebbe seguita almeno ogni 10 anni.
E'  importante  ribadire  che  i  turni  di  potatura  molto  lunghi  obbligano  spesso  a  dovere  intervenire  con "potature  forti" e  queste,  come  si vedrà,  sono  sempre irrazionali perché  innescano una  strada  obbligata  che prevede potature difficile e spesso ingestibili.
La soluzione sta, anche nel verde pubblico, nella possibilità di progettare dalla piantagione un corretto piano di gestione delle alberate seguendo le regole prima descritte.
       •   La salute strutturale dell’albero
La presenza di difetti di crescita o di parassitologie strutturali che mettono a rischio la sicurezza dell'albero indirizzano la potatura anche verso tagli apparentemente assurdi e pesanti.
Quando vizi o difetti strutturali sono gravi, non c'è ragione che tenga e l'albero rischia potature anomale o anche il taglio al piede.
Un identico discorso vale anche nel caso degli scavi stradali che abbiano ridotto l'affrancamento radicale al suolo.  In  questo  caso  la  potatura  diventa  necessaria  sia  per  ridurre  la  richiesta  idrica  della  chioma, adeguandola alle disponibilità delle radici dopo lo scavo sia per abbassare la vela della chioma adeguandola alla portanza delle radici ridimensionate dallo scavo.

2.3 TIPI DI POTATURA

I vari tipi di taglio prima citati, nella completezza della loro esecuzione, qualificano la potatura adottata. Viceversa,  in  base  alle  necessità  di  potatura  che  posso avere,  devo  sempre  rifarmi  ai  tipi  di  taglio  che  ho prima elencato.

RICORDIAMO BENE:
quando  affrontiamo  un  albero  e  dobbiamo  stabilire  cosa  tagliare  e  cosa  conservare  dobbiamo indirizzare la nostra attenzione non sui rami da eliminare ma su quelli da conservare.
Il concetto non è di poco conto perché nel 99% dei casi chi accende la motosega guarda ramo dopo ramo e decide di volta in volta cosa conservare e cosa tagliare.
Questo è l'errore classico: cercare i rami da tagliare senza avere idea di che chioma andare a costruire.
Attenzione  però, perché  in  verità il  primo  sguardo  deve  essere  indirizzato  alla  ricerca  di eventuali rami pericolanti o comunque mal inseriti.
In  primis  l'operatore deve individuare proprio questi  rami inaffidabili  o  indesiderabili  e  prepararsi  ad eliminarli; in seconda battuta viene poi il ragionamento fatto sulla selezione della struttura da conservare.
I momenti della decisione sono però tre perché a monte sta sempre l'esame delle condizioni di inserimento ambientale dell'albero.

Questi tre momenti che precedono l'avvio della potatura ci portano a:

  1. Verificare e valutare le eventuali “pressioni” ambientali presenti, intese come necessità contingenti che gravano sull'albero: ci riferiamo ad eventuali riduzioni dell’apparato radicale causate  da  scavi,  alla presenza di manufatti di disturbo, a flusso dei veicoli, alla presenza di cavi aerei, alla cattiva radicazione per vizi o difetti di crescita nel suolo, ecc...
  2. Visionare e valutare gli eventuali rami difettati o cariati o infestati  da  xilofagi; questi rami vanno eliminati a prescindere dalle influenze sulla “bellezza” dell’albero (ndr: la sanità strutturale dell’albero è direttamente collegata alla sicurezza e quest’ultima è il primo elemento da considerare),
  3. Osservare la chioma e decidere quale architettura strutturale conservare, procedendo all'eliminazione di tutto ciò che risulta estraneo ad essa.
A prescindere dalle condizioni ambientali e dalla salute strutturale dell'albero possiamo però citare alcuni tipi di potatura standard su cui possiamo sempre fare riferimento.
Ci stiamo riferendo alle potature tradizionali di:
  • Allevamento (durante coltivazione dell'albero in vivaio),
  • Impianto (nel momento di messa a dimora del nuovo albero),
  • Formazione, (nei primi 10 anni di vita dalla piantagione),
  • Riequilibrio; (nei casi particolari di asimmetrie o lesioni della chioma),
  • Risanamento, (per eliminare rami morti, pericolanti o infestati),
  • Conservazione, (per le conservazione sicura dell'albero),
  • Alleggerimento, (per ridurre l'effetto vela rispetto alle folate di vento o i carichi da neve),
  • Ringiovanimento, (per riportare in vegetazione la parte interna o basale della chioma),
  • Trapianto, (per preparare e mantenere in equilibrio i vecchi alberi soggetti a grande-trapianto).
Le potature possono perciò avere tante funzioni e possono addirittura essere fatte, con accorgimenti speciali, anche  in  piena  vegetazione ma con l'accortezza di evitare le prime settimane del risveglio vegetativo  eanche le ultime prima dell'entrata in riposo invernale.
Nel primo caso, l'handicap sta  nella  perdita  delle sostanze  nobili messe in circolo dall'albero nelle prime settimane  di  vegetazione:  una  potatura  sulla  pianta  in  prima  vegetazione  asporterebbe  molto  materiale energetico portando l'albero in stress fisiologico.
Nel secondo caso, all'opposto, la potatura effettuata nei giorni che  precedono la  spogliazione  autunnale impedirebbe alla  pianta  di trasferire le  sostanze  nobili dalle foglie al legno e l'albero andrebbe in riposo in carenza nutrizionale.
La caduta  delle foglie, ricordiamolo, avviene infatti dopo che le foglie  hanno trasferito al legno le sostanze più preziose della linfa.
Andiamo  ora  a  vedere  alcuni  tipi  di  potature  standard  ben  sapendo  che  questi  esempi  non  risolvono  il panoramica delle casistiche quotidiane.
  1. Potature ordinarie di contenimento o di diradamento
La  classica potatura  invernale di  mantenimento può  richiedere  contenimenti  o  diradamenti  della  chioma  e andrebbe eseguita su turni non superiori ai 10 anni.
Un alberatura matura, in piena vegetazione, senza gravi vizi ambientali o difetti strutturali, viene affrontata e gestita con i seguenti tagli:
       •   di ritorno a tutta cima, per ridimensionare le chiome senza modificarne la forma,
       •   di diradamento selettivo, per irrobustire le taglia e sollecitare la crescita,
       •   di contenimento con spuntatura, per contenerne la taglia aumentandone la competizione dei rami,
       •   di ringiovanimento con speronatura, per ridimensionarne fortemente la dimensione
       •   di capitozzatura, per scopi straordinari a cui non si trova altra alternativa
La potatura di mantenimento solitamente è indirizzata verso una di queste due soluzioni:
  • A) potatura di contenimento, in cui dominano i tagli di accorciamento dei rami (ritorno)
  • B) potatura di diradamento, incui dominano i tagli selettivi interni alla chioma (diradamento)
Il  periodo  più  adatto  è  quello  del  pieno  riposo vegetativo  dell'albero,  possibilmente dopo  i  geli di  fine  inverno. Potendo  scegliere,  andiamo  a collocare le potature di mantenimento sempre nel mese  di  febbraio  considerando  buoni  anche il mese di marzo e di gennaio.
Le potature anticipate all'epoca di caduta delle foglie sono sempre deleterie sul vigore energetico dell'albero in quanto non permettono alla pianta di  trasferire  i  materiali  di  riserva  dalle  foglie  al legno. Ciò    porta,   come    conseguenza,    una riduzione  dell'attività  di  sviluppo  della  radice, con     conseguente     debolezza     nella     ripresa vegetativa primaverile.
Potature a   capitozzo   su   tigli   malamente impalcati. Si   noti   il   riscoppio vegetativo   solo   ed esclusivamente    dalle    gemme    secondarie sottocorticali,    responsabili    di    un    forte affastellamento   vegetativo   con   decine   di germogli in competizione.
Attenzione però, anche gli interventi nelle giornate più gelide dell'anno sono dannosi perché i rami, induriti dal gelo, sono più fragili e possono spezzarsi facilmente.
Curioso è anche il fatto che gli alberi non potati resistono meglio al freddo intenso.
Stesso   avviso   di   criticità   va   indirizzato   alla potatura   troppo   posticipata,   quando   l'albero   ha iniziato l'attività vegetativa, perché questo provoca un indebolimento complessivo del soggetto per via del  fatto  che  il  germogliamento,  che  si andrà  ad asportare  con  la  potatura  tardiva,  si  porta  con  sé buona  parte  delle  riserve  nobili  dell'albero, consumando   in   tal   modo   molte   delle   riserve energetiche dell'albero.
Come   indicazione   pratica,   si   può   considerare, quale punto di riferimento per sospendere l'attività di  potatura  la  fase  di  “succhio”  dell'albero, riconoscibile dalla corteccia che tende facilmente a scollarsi dal legno.
Tree-climber impegnato in una potatura scorretta perché fuori epoca (pianta in germogliamento).
 
Filare stradale maturo di tigli su cui è possibile leggere il percorso delle potature subite negli ultimi decenni. L’ultimo taglio, eseguito circa 5-6 anni addietro nei punti indicati dalle frecce, può essere considerato un capitozzo leggero a cui la pianta ha reagito emettendo molta vegetazione avventizia oggi affastellata e in codominanza. Le frecce blu indicano invece il punto dei pesanti capitozzi subiti 30-40 anni prima.
Come detto,  le  potature  ordinarie  di  mantenimento  di  un'alberata  possono  avere  un  impronta  servo  il “contenimento” della chioma come anche verso l'”alleggerimento” della chioma.
Nel primo caso  la  chioma  viene contenuta  e  fatta rientrare  con tagli di ritorno, nel secondo caso  la  chioma viene “arieggiata” e diradata tramite tagli selettivi sulle branche sovrannumerarie o male impalcate.
Con la potatura di contenimento la forma  della  pianta  viene ridimensionata,  con la potatura di diradamento invece la forma della chioma resta integra anche se la chioma diventa più “trasparente”.
       •   Potatura a tutta cima
Si realizza applicando quasi esclusivamente la tecnica del taglio di ritorno.
Il  termine  "tutta  cima"  sta  ad  indicare  che  in  nessun  ramo  potato  viene  interrotta  la  "dominanza  apicale" esercitata  dalla  gemma  terminale,  in  quanto  dovendo  accorciare  una  branca  o  un  ramo  si  asporterà  la porzione apicale del ramo fino all'inserzione di un ramo secondario inferiore di sostituzione che a sua volta assumerà la funzione di cima seppur con meno vigore del precedente.
La funzione leader verrà perciò recuperata  dalla  gemma  terminale di un ramo sottomesso che noi facciamo diventare principale.
Infatti se con il taglio viene interrotta la funzione di cimale dominante, in prossimità della superficie di taglio il cambio darà origine a gemme secondarie che produrranno rami vigorosi di sostituzione ma male ancorati e in   concorrenza   tra   di   loro.   In   certi   casi,   considerando   il   numero   di   gemme   presenti   sul   ramo   di prolungamento,  può  essere  opportuno  "svettare"  la  cima  per  alleggerirla  da  un'eventuale  abbondante vegetazione che potrebbe provocare un incurvamento del ramo con possibilità di rottura.
Questo tipo di potatura rispetta l'integrità delle branche principali mantenendo una armonica successione dei vari diametri e la funzionalità fisiologica dell'albero.
In tal modo, la  chioma  non subisce drastiche riduzioni e  le  gemme  terminali dei nuovi rami di sostituzione permettono un equilibrato sviluppo di germogli senza i riscoppi che avvengono capitozzando le branche.
La  potatura  a  tutta  cima,  la  cui  validità  a  livello  fisiologico  ed  estetico  è  stata  ampiamente  verificata  dagli agronomi delle università di tutto il mondo, non può però essere sempre applicata nell'arboricoltura urbana, in quanto esistono situazioni che richiedono interventi più complessi ed articolari.
Ci riferiamo ai casi di:
  • alberi adulti sottoposti per lungo tempo a potature drastiche;
  • soggetti regolarmente e drasticamente capitozzati;
  • piante adulte cresciute con sesto d'impianto molto ravvicinato e quindi filate;
  • soggetti allevati in forme obbligate (candelabro, spalliera, ecc...)
       •   Potatura di diradamento
Si realizza con diversi tagli di diradamento senza tagli di ritorno.
Lo scopo è mantenere la corona vegetante della chioma alla stessa altezza con maggiore spinta vegetativa a favore della crescita.
La  potatura  di  diradamento  non  riduce  la  dimensione  dell'albero  ma  lo  arieggia  nella  chioma  e  lo alleggerisce rispetto alle folate di vento o ai carichi da neve.
La maggiore difficoltà sta nella scelta delle branche da eliminare in considerazione del fatto che queste sono branche mature non più rinnovabili una volta asportate.
Mentre la potatura di contenimento può essere fatta a turno regolare anche ogni 10 anni, la potatura di diradamento è una pratica una-tantum che non si ripete regolarmente.
Potature di allevamento in vivaio
Comprendono quelle potature che il vivaista effettua in vivaio, per la preparazione della pianta.
Ci  riferiamo  alla prima,  nel  caso  di  materiale  venduto  in  taglia  massima  20-25 cm  di  circonferenza,  o  alle prime due potature, nel caso l'albero vada ad entrare nel mercato degli esemplari che arrivano a 40-50 cm di circonferenza, eseguite in vivaio.
Le potature di formazione, dette di allevamento, sono pratiche necessarie in vivaio per preparare nel migliore dei modi l'albero alle esigenze di mercato.
Fino a 20 anni fa la classica potatura di vivaio “intestava” l'albero  eliminando  il  leader  di  crescita  a  250-350 cm di altezza per indurre la pianta a sviluppare branche di sostituzione poi allevate in quantità di 4-5.
Dagli anni 90 il mercato, soprattutto del centro-Europa,  ha  iniziato  a  chiedere  tassativamente  alberature preparate a fuso con un forte leader di crescita.
Il  vivaismo ha  perciò orientato il 95% delle  potature per la  formazione  di soggetti con il cimale dominante ben conformato, addirittura incannandolo, diradando eventualmente le ramificazioni laterali.
Se  l'albero  è  posto  in  condizioni  di  sviluppare  liberamente  il  suo  portamento  naturale  durante  la  fase  di allevamento, si eseguiranno delle potature solo per asportare parti di vegetazione mal conformata, e pertanto si interverrà il minimo indispensabile.
La potatura di allevamento prevede:
  • eliminazione dei rami troppo vigorosi;
  • eliminazione dei rami malformati;
  • eliminazione dei rami soprannumerari o mal disposti;
  • sulla  parte  restante  di  chioma  sarà  necessario  valutare  la  convenienza  di  tagli  a  tutta  cima per  completare l'impostazione della forma di allevamento prescelta.
Olivi potati in vivaio a Sciacca –AG.                               Aceri potati in vivaio a Canneto –MN.
Potature di trapianto
Sono potature speciali e specifiche per i grandi trapianti.
Si effettuano per preparare gli alberi destinati ad uno spostamento straordinario su cui le zollature frazionate avevano già asportato parte dell'apparato radicale più esterno.
In queste situazioni, la preparazione della zolla con 2 anni di scavi seguiti dal trapianto nel 3° anno unita al contenimento  della  massa  fogliare  traspirante,  i  tagli  si  spuntatura,  speronatura,  e  ritorno  trovano  grande significato.
Da evitare invece le potature di diradamento per evitare una circolazione spinta dell'area nella chioma.
Per buona norma, le potature di accompagnamento ai grandi trapianti possono essere:
  • di ritorno,
  • di spuntatura,
  • di speronatura.
In  certe  situazioni  estreme,  diciamo disperate,  per  salvare  alberi  di  particolare  valore  affettivo  si  propende, non avendo  altre  soluzioni tecniche,  alla  pratica della  preparazione  “a testa  di salice”  con  lo scopo di abbassare l'altezza della vegetazione da soddisfare e anche per avere chioma fitta e contenuta, meno esposta alla disidratazione.
La  preparazione  a  testa  di  salice  può  dare  margini  di  riuscita  al  trapianto  ma  genera  una  morfologia  della chioma completamente diversa da quella originaria.
Una forte conservazione dell'impalcatura della chioma originaria rende, per contro, più vulnerabile l'albero agli stress del trapianto che spesso portano l'albero alla disidratazione dei rami o alle fratture longitudinali della corteccia del fusto, lesioni che indicano la morte del cambio cribro-vascolare del tronco.
 
Potature a testa di salice su grandi trapianti eseguiti con zollatura su 3 anni di preparazione.
Potatura verde
E' una  potatura  sulla  pianta  in piena  vegetazione  ma  da  effettuarsi dopo la completa  distensione della fogliazione primaverile.
Epoca tipica è  il bimestre giugno-luglio mentre sono da  evitare i primi due mesi dal germogliamento come anche i due che precedono la spogliazione autunnale del fogliame in autunno.
Per questo motivo, la potatura verde esclude interventi in aprile e maggio come anche in settembre e ottobre. Per  la  potatura  verde, i tagli più idonei sono quelli sia sul germoglio dell'anno quanto  quelli  sul  legno giovane ma  evitando comunque tagli  superiori  ai  4-5  cm  in  modo  tale  da  permettere  una  quasi  completa sigillatura del taglio già nel corso dell'estate o, al massimo, nella successiva annata.
La potatura verde è spesso effettuata a macchina con tosatrici meccaniche che permettono di garantire forme obbligate a spalliera anche sui filari più alti.
Un  richiamo  particolare  va  fatto  sui  rischi  da  tracheomicosi,  sempre  presenti  quando  si  vanno  a  provocare lesioni sui tessuti in succhio.
Sotto  questo  aspetto  sono  perciò  da  temere  molto la grafiosi dell’olmo, il cancro colorato del platano, la tracheoverticilliosi  dell’acero, malattie  del  sistema  linfatico  tipicamente  aggressive  in  piena  stagione vegetativa dalle ferite umide.
E' necessario precisare che, rispetto alla potatura invernale, la potatura verde risulta di aiuto soprattutto nella fase di  allevamento  delle  piante  in  quanto  consente,  con  interventi  rapidi e  di  modesta  entità  di  indirizzare l'attività vegetativa verso la rapida formazione della struttura portante dell'albero.
Dal punto di vista fisiologico la potatura verde presenta alcune peculiarità:
  •  a  parità  di  legno  asportato  riduce  la  risposta  vegetativa  delle  piante  in  modo  maggiore  rispetto  alla potatura invernale facilitando il contenimento della chioma su soggetti molto vigorosi;
  • rispetto ad una potatura invernale si hanno minori riscoppi di vegetazione;
  • consente  di  verificare  la  stabilità  e  rettificare  l'ingombro  della  chioma  nel  periodo  dell'anno  in  cui  è massima la sollecitazione dovuta al peso del fogliame nei punti critici della struttura del vegetale;
  • in  condizioni  di stress  idrico-alimentare  estivo,  riduce  i  fabbisogni  di  acqua  in  quanto  viene  rimossa massa verde traspirante.

Potatura di impianto
Vanno ben distinte dalle potature di trapianto, che si effettuano per contenere la traspirazione dei vecchi esemplari trasferiti per esigenze particolari.
Le potature di impianto si effettuano invece sulla giovane pianta all'atto della messa a dimora e possono essere anche eseguite in vivaio o sulla pianta sdraiata all'atto della piantagione.
Oggi la tendenza è quella di effettuare potature molto leggere per asportare poco legno.
Si sa infatti che questo legno è la sede delle riserve di energia del giovane albero.
La sua asportazione ha infatti effetti negativi sullo sviluppo dell'apparato radicale da cui risulta una pianta più stressata del normale. Le potature di impianto prevedono 2 interventi dei quali il primo effettuato già alla piantagione ovvero entro 2-3 anni dall'impianto.
Il secondo intervento viene poi eseguito tra il 5° e il 10° anno dalla piantagione.
Le due potature di formazione sono determinanti per indirizzare correttamente l'albero nello sviluppo futuro  dei  successivi  50  anni. Attenzione  però:  si  può  rinunciare  completamente  alla  potatura  di  impianto solamente quando il sistema radicale della zolla è sicuramente ben sviluppato e proporzionato alla chioma.
Piante  mal preparate in  vivaio  e dotate  di  zolla senza  barbe  radicali  efficienti  vanno  necessariamente potate per dare una minima possibilità di sopravvivenza nelle calure estive che chiamano acqua nelle foglie senza che le radici sappiano assorbirla.
Diverso  è  il  caso  delle  piante  affrancate  in  vaso,  perché  queste  hanno  sicuramente  una  dotazione  di capillizio  radicale  capace  di  sopportare  le  richieste  della  nuova  fogliazione;  sulle  alberature  franche  di mastello per questo motivo si può evitare qualsiasi potatura di contenimento.
Visto il costo più elevato delle piante in contenitore, la scelta mercantile ricade spesso sulle piante in zolla ma ciò non toglie che sia necessaria la certezza che la zolla contenga una buona dote di barbe radicali pronte alla funzione assorbente.
Da  ciò  deriva  l'importanza  di  preferire  soggetti  ben  preparati  in  zolla  rispetto  a  quelli  a  radice  nuda  in quanto questi ultimi subiscono quasi sempre traumi all'apparato radicale durante la rimozione, il trasporto e la piantumazione.
Due soggetti  messi  a  dimora  senza  potatura  di  impianto, rinviata  alla fine  del  2°  anno  di  vegetazione  per mantenere l’integrità delle riserve del legno nella prima fase di attecchimento. Con la prima potatura di formazione è possibile arrivare infatti ad asportare anche il 50% delle gemme.
       •   Potatura di riequilibrio
E' una potatura speciale che si effettua una-tantum su alberi che hanno problemi di chioma squilibrata o di disturbo.
Si   rende   necessaria   non   tanto   per   necessità   vegetative   della   pianta,   ma   per vincoli   imposti   dalle caratteristiche  dell'ambiente  urbano  limitrofo  al  soggetto  arboreo:  presenza  di  linee  elettriche  aeree,  linee filo-tranviarie, eccessiva vicinanza a fabbricati o manufatti, ecc.
L'intervento limitativo sulla chioma può riguardare il contenimento  laterale,  quello  verticale  o  entrambi,  a seconda dello spazio realmente disponibile.
Anche  in  questo  caso  bisogna  rispettare  il  più  possibile  il  portamento  naturale  della  pianta,  cercando  di mantenere  equilibrata  la  chioma  e  giocando  su  dominanza  e  sottomissione  dei  rami  selezionati  con  la potatura.
       •   Potature di ringiovanimento
Questo  tipo  di  potatura,  unitamente  a  quella  di  risanamento,  rientra  negli  interventi  straordinari  da  attuare durante la fase di vecchiaia delle piante.
Lo scopo di questa potatura è quello di stimolare la formazione, da parte della pianta, di una nuova chioma basale.
Si recideranno perciò i rami laddove si giudica che i tessuti siano ancora vivi e vitali al fine di prolungare la vita del soggetto.
Qualora il soggetto manifesti gravi sintomi di disseccamento apicale, allo scopo di stimolare la formazione di una  nuova  chioma  si  dovrà  procedere  ad  una  drastica  potatura  tale  da  favorire  la  fase  vegetativa  su  quella riproduttiva di fioritura e fruttificazione.
Tale  intervento va  dunque  inteso  come  estremo  tentativo  per  prolungare  la  vita  di  soggetti  arborei  che  si trovano in stato di avanzata senescenza.
       •   Potature di risanamento
Questo  tipo  di  intervento  non  rientra  nei  normali turni di potatura delle alberate cittadine ma riveste carattere  di  straordinarietà,  in  quanto  si  interviene solo  quando  le  piante  presentano  branche  deperite a causa di attacchi di crittogame che causano carie del  legno  o  cancri  corticali  come  anche  di  insetti lignicoli.
Su   questo   ricordiamo   che   le   carie   del   legno raramente sono causa di mortalità nell'albero ma sono sempre causa di rottura dell'albero (schianto) a differenza dei cancri corticali, capaci di portare a morte porzioni più o meno estese della chioma ma senza  provocare  primariamente  un  indebolimento vero del legno.
Gli  insetti  lignicoli  causano  danni  vicini  a  quelli delle  carie  legnose  e,  come  queste,  non  portano  a morte l'albero predisponendolo però al rischio di schianto.

       •   Capitozzatura
E' una potatura estrema a cui si deve ricorrere in condizioni straordinarie. Deve perciò essere il male minore ed estremo per evitare il taglio dell'albero. Con  questo  tipo  di  potatura  straordinaria si  opera un'asportazione  pressoché  totale  della  chioma  e  si porta  la  pianta  a  dovere  riemettere  vegetazione dalle gemme sottocorticali secondarie o dormienti.
Con   la   capitozzatura,   infatti,   si   interviene   su soggetti  che  sarebbero  da  abbattere  per  le  loro condizioni di precarietà  ma  che sono meritevoli di un intervento estremo di conservazione.
Questo  tipo  di  intervento  può  trovare comunque giustificazione in ben pochi casi.
Tutto  ciò  premesso,  prendiamo  in  considerazione gli   effetti   a   medio   e   lungo   termine   che   la capitozzatura determina ricordando intanto che una potatura  razionale  e  ordinaria  non  dovrebbe  mai asportare più del 30-40% della chioma giovane.
La  capitozzatura,  al  contrario,  asporta  il  100%  della  chioma  giovane  della  branca  capitozzata  e  questo elimina i rami ordinari che le gemme vere avrebbero emesso in primavera dell'apparato radicale che, indebolendosi, finisce col comprometterne la stabilità.
In pratica, considerando un esemplare arboreo che può sviluppare anche 2000 mq. di superficie fogliare, che elabora le sostanze necessarie a sostenere ed alimentare i rami, il tronco e le radici, se tale superficie fogliare elaborante viene drasticamente ridotta, il soggetto capitozzato tenterà di emettere vigorosi succhioni a partire da  gemme  latenti,  per  sopperire,  senza  riuscirci,  al  deficit  alimentare  che  si  è  venuto  a creare,  provocando l'insorgere dei processi di deperimento di cui si è detto prima.

La stessa immagine, ripresa da due profili, che mostra un capitozzo eseguito su una vecchia branca cariata e pericolante. In giallo la posizione del collare del ramo (posizione corretta di taglio).
A sx un pesante capitozzo su un olmo, a dx su un cedro. L’olmo è sopravvissuto grazie alla pollonaturadelle gemme  latenti  mentre  il  cedro  ha  perso  ogni possibilità di rivegetazione dalle branche capitozzate.
Le grosse superfici di taglio sono vie sicure d'ingresso di agenti cariogeni che finiscono per compromettere la stabilità del soggetto e le sue utili funzioni in ambiente urbano.
Inoltre  la  nuova  vegetazione  emessa  dopo  un  capitozzo  trae  origine  da gemme  avventizie  che  producono succhioni (polloni) tutti in competizione tra loro per la ricerca della luce.
Il risultato è una chioma affastellata codominante e male inserita nella branche portanti.
Non  da  ultimo  viene  un  fatto estetico:  con  il taglio a  capitozzo,  l'albero  perde  irrimediabilmente  l'originale forma e bellezza dovuta al portamento naturale tipico della specie di appartenenza.
Anni  ’60 –riscoppio  di  vegetazione     da     gemme     secondarie sottocorticali  in  un  vecchio  ippocastano  di  Parigi  a  seguito  di  un maldestro capitozzo
 
Tentativo mal riuscito di potatura di ricostruzione su vecchi  ippocastani  cariati  e  male impalcati,  danneggiati  per  decenni da capitozzi.
Esempi di capitozzi maldestri eseguiti su un vecchio pioppo (a sx) e su un cedro (a dx).
 
Interessante    immagine    che    mostra    la    risposta della produzione  di  legno  di  reazione (in  rosso)  secondo  la  zona di taglio (lettere in campo giallo)
 
Sviluppo di una carie legnoso dopo un taglio di potatura (E. Michau –Istituto di sviluppo forestale di Francia)

La potatura delle conifere

Tutto quanto esposto finora calza perfettamente sulle latifoglie mentre ha qualche punto debole rispetto alle conifere.
Fisiologia e anatomia delle conifere sono diverse da quella delle latifoglie e di conseguenza saranno diverse anche le tecniche di potatura.
E'  noto  infatti  che l'intensità  di  ricaccio  di  nuovi  getti  dopo  un  taglio  è  molto  modesta  se  non  nulla rispetto a quella delle latifoglie.
Un bosco ceduo di conifere non è infatti mai esistito!
Inoltre  il  proseguimento  della  crescita  della  cima,  quando  si  verifica,  è  garantita  da  una  ramificazione sottostante    il    taglio,    che    si    incurva    nella    direzione    dell'apice    preesistente    e    lo    sostituisce. Le tecniche vivaistiche inoltre, hanno consentito di ottenere in anni recenti forme sempre più varie (pendule, prostrate,  ecc.)  per  cui  l'aspetto  relativo  alla  forma  va  considerato  in  relazione  ai  singoli  casi  mantenendo comunque validi i concetti sopra e più avanti esposti.
In generale si può addirittura affermare che se sulle latifoglie le potature sono comunque da limitare allo stretto  indispensabile, per  le  conifere  sarebbero  addirittura da  evitare,  ad  eccezione  di pochi casi particolari.
Esse, infatti,  avendo  minori  capacità  di rigenerazione  da  gemme  sottocorticali  (dormienti  o  secondarie), restano più visibilmente “mutilate” e diventano spesso oggetto di cause legali con citazione per danni.
La scheda sotto allegata riporta ad un danno economico pesante causato da un'azienda incapace.
Vi  è  da  precisare  infine  che  la  quasi  totalità  delle  conifere  è  dotata  di  canali  o  tasche  resinifere  il  cui contenuto  asettico  ed  impermeabilizzante  è  utilizzato  dalle  piante  per difendersi  dalle  aggressioni  di patogeni. Ciò  nonostante  le  conifere  nulla  possono  contro  le  operazioni  maldestre  di  potatura  al  punto  che l'80% delle cause civili per danni alle alberature hanno per oggetto le conifere.
La scheda di perizia sotto riportata mostra un caso di danno totale su due cedri sanzionati con circa 17.500 euro di danno biologico a carico dell'impresa incapace.

       •   Potatura di trapianto
Diversamente dalle latifoglie, non deve essere utilizzata per le conifere, perché non necessaria.
       •   Potatura di allevamento
Viene  finalizzata  all'ottenimento  di  una  forma  corretta  della  pianta  mediante  l'eliminazione  dei  rami eccedenti,  delle  eventuali  doppie  cime,  dell'accorciamento  dei  rametti  sfuggenti  tale  da  consentire  un infoltimento della chioma, e viene applicata generalmente solo in vivaio.
       •   Potatura di mantenimento
Comprende la potatura di riforma e di bilanciamento, di rimonda del secco e di spalcatura.
La potatura di mantenimento si attua prevalentemente per scopi ornamentali nel caso la pianta presenti rami cresciuti eccessivamente rispetto agli altri, doppie o triple punte originate da rotture della cima o comunque da anomalie di forma della chioma.
In  particolare  su Cupressus  e  Chamaecyparis allevate  in  forme  obbligate,  si  ricorre  periodicamente  al livellamento  e pareggiamento  della  chioma  (come  per  le  siepi)  con  tosa siepe,  legando  verso  il  tronco eventuali rami più grossi che tendono a divergere.
Quando  la  pianta  presenta  squilibrature  o  inclinazioni  anomale  o  pericolose,  è  necessario  intervenire  con potature di bilanciamento al fine di alleggerire il peso e ridurre il braccio di leva sul lato interessato.
Anche in questo caso può esserci un semplice accorciamento di rami od una loro eliminazione, unicamente ad eventuali ancoraggi, intirantaggi e costruzione di incastellature.
Vi  è  poi  il  caso  di  esemplari  monumentali  di  specie  esotiche  (es.  cedro  del  Libano)  che  hanno  sviluppato rami orizzontali molto lunghi.
Nei  nostri  climi,  a  causa  di  forti  nevicate  e  tempeste  di  vento,  questi  rischiano  di  essere  scosciati  e nasce l'esigenza di doverli riequilibrare anche con tagli pesanti spesso abbinati alla posa di tiranti dinamici da 4-8 tonnellate.
La potatura di rimonda consiste infine nell'eliminare i rami secchi soprattutto all'interno della chioma, dove la mancanza di luce provoca il disseccamento della vegetazione.
In  particolare  è  necessaria  per  specie  a  forma  globosa  o  ad  ombrello (es.  Pinus  pinea) che  tendono  a trattenere un eccessivo carico di neve ed offrono troppa resistenza al vento risultandone danneggiate, a causa dell'eccessiva massa di rami secchi che si accumulano nel loro interno.
E' una  potatura tipica  della fase  di vecchiaia  in cui la pianta  produce meno  gemme  a  legno perché l'attività vegetativa è ridotta ed i rami non vengono rinnovati.
Una  speciale rimonda è quella che chiamiamo “spalcatura” e che consiste nel tagliare alcuni palchi di rami inferiori nel caso questi siano secchi.
La spalcatura può anche rendersi necessaria sui rami bassi di disturbo alla circolazione dei veicoli.
La spalcatura viene utilizzata anche nei pioppeti e soprattutto negli impianti di conifere a rapida crescita (dal decimo  anno  in  poi)  eliminando  alcuni  palchi  con  il  procedere  della  crescita  dell'albero  al  fine  di  ottenere legname privo di nodi e quindi di maggior pregio tecnologico.
       •   Potatura di ringiovanimento
Non si applica alle conifere per i problemi fisiologici più volte menzionati.
       •   Potatura di risanamento
Si attua per rimediare a situazioni eccezionali come la rottura di cimali e branche dovuta ad eccessivi carichi nevosi, tempeste di vento, fulmini oppure ad attacchi parassitari.
Richiede tagli di rinnovo, spesso difficili,  per sostituire le parti danneggiate e pericolanti.
Nel    caso    di    attacchi    parassitari    (nidi    di Processionaria,    galle di Sacchiphantes,   copazzi causati da Melampsorella, ecc...)  il  risanamento  deve  invece  eliminare  i  rami  colpiti,  ricorrendo  poi  a  trattamenti con fitofarmaci se l'attacco è esteso a tutta la chioma.
       •   Potatura di contenimento
E' attuata nel caso che la pianta sia cresciuta ostacolando un edificio o una strada.
Nel primo caso si tratterà di eliminare i rami eccedenti od accorciarli, badando a non squilibrare la pianta e quindi intervenendo anche sul lato opposto, se necessario.
Nel  secondo  caso  si  procederà  alla  spalcatura  fino  all'altezza  opportuna  a  carico  dei  rami  inferiori  che possono ostacolare il traffico.
a cura di
Fiorenzo Pandini
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