ARBORICOLTURA SPECIALISTICA
Di Fiorenzo Pandini
Dottore Agronomo libero professionista

 

In caso di cantieri che si scontrano con la presenza di un vecchio albero  è sempre possibile il trapianto oppure, qualche volta, l’intervento è partita persa già in partenza? Il grande-trapianto deve avere un senso economico e uno spazio tecnico operativo, va eseguito solo in certi periodi dell’anno e solo con accorgimenti agronomici ben precisi. Vediamo punti deboli e spazi di lavoro.

 

L'arboricoltura urbana è una scienza agronomica di recente sviluppo in Italia se è vero che prima degli anni ’80 ben pochi specialisti se ne occupavano.
Nel nostro paese, a differenza che in USA e nel centro-Europa, le facoltà di Scienze Agrarie si mossero in grave ritardo rispetto a quanto i grandi specialisti stranieri venivano a raccontare (i vari Shigo, Tattar, Matteck, Raimbault).
Il pioniere italiano di questo nuovo settore delle scienze agrarie è stato certamente l’agronomo varesino Daniele Zanzi grazie agli studi e alle esperienze svolte in mezzo mondo al fianco dei maggiori esperti di patologia e fisio-morfologia dell’albero.
Inizialmente, lo scontro con le aziende di basso livello tecnico che operavano nei nostri territori fu aspro perché le nuove conoscenze sulla biologia dell'albero si scontravano con le vecchie usanze in fatto di potature, piantagioni, trapianti, difesa antiparassitaria, concimazioni…

Uno dei settori tecnicamente più difficili, ma sicuramente di alto valore aggiunto, che si sviluppò negli anni ’80-’90 fu quello dei grandi trapianti: molti urbanisti fantasiosi,  politici astratti e filosofi del paesaggio si lanciarono in trapianti costosissimi di vecchi alberi nella convinzione che l’albero fosse un oggetto di arredo e non un soggetto vivente.

Si assistette perciò al falso salvataggio di molti vecchi alberi … destinati però a lenta agonia dopo che i riflettori del cantiere erano stati spenti.
Una statistica spannometrica ci dice infatti che l’85% dei grandi-trapianti effettuati negli anni ’80-’90 fallirono entro i 5-6 anni dall’esecuzione.

Il grande trapianto resta ancora oggi operazione complessa e costosa non sempre eseguibile nonostante le intenzioni di qualche architetto illusionista delle nostre Soprintendenze. L’albero, purtroppo, non è come un lampione o una panchina: non lo possiamo cioè “spostare” sempre e comunque a nostra discrezione!
Operazione complessa, specialistica, con grandi limiti di tempo e grandi oneri economici: ne vale sempre la pena?

L’intervento di grande-trapianto prevede 4 fasi:

  1. l'esame morfo-fisiologico dell'albero
  2. la preparazione agronomica del soggetto
  3. il trapianto
  4. le cure di attecchimento
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La presenza dell’agronomo specialista è determinante per la buona riuscita dell'operazione perché ogni caso ha peculiarità, vizi e problemi spesso molto diversi.
Un faggio secolare, un vecchio pino o un vecchio ippocastano presentano difficoltà superiori di quelle che potremmo trovare lavorando su olivi, bagolari, magnolie o gelsi. Allo stesso modo cambia l’epoca ottimale di impianto che resta l’inverno per le caducifoglie e la fine della primavera per le sempreverdi. Anche il tempo di preparazione dell’albero cambia da caso a caso e può arrivare ai 36 mesi.

I trapianti più difficili diventano perciò quelli urgenti, in tempo zero, nei quali per necessità di cantiere la zollatura e il reimpianto devono essere effettuati in un unico intervento.

Scavi, potatura delle radici,  disinfezioni e bio-protezione, imbragatura della zolla, legatura dell'albero, estrazione e sollevamento, trasporto, riposizionamento e piantagione: fasi complesse che vanno gestite ognuna con cognizione.
I grandi trapianti sono perciò interventi molto costosi se eseguiti a regola d’arte nei giusti tempi. Possono invece essere anche economici procedendo con la tecnica detta “dello scavo e dello strappo” grazie alla quale clienti sprovveduti, tecnici incapaci e imprese senza scrupoli si lanciano nello spostamento di alberi destinati a deperire entro pochi anni con i tipici sintomi del lavoro malfatto ossia: chioma rada e corteccia del tronco che si fende e si distacca mostrando il legno disidratato.

Il grande trapianto non è un'operazione di giardinaggio o di edilizia; è invece un intervento specialistico di chirurgia e ingegneria vegetale.
La preparazione dell’albero al trapianto diventa perciò una fase delicata che ci obbliga ad organizzare l’intervento in 2 o anche 3 anni. Ecco allora che il trapianto avviene con soggetti che dispongono già di mezza zolla con nuove barbe radicali capaci di sostenere le esigenze idriche della nuova vegetazione.
Preparazione delle radici e della zolla, potatura adeguata della chioma, imbragatura bilanciata dell’albero, riposizionamento corretto a colletto emergente di qualche cm, attivazione biologica della terra di riempimento con Trichoderma harzianum e Globus sp, gestione delle irrigazioni di soccorso con regolare alternanza umido-asciutto per permette alle nuove radici di bere ma anche di respirare… sono solo alcuni degli accorgimenti che chi dirige il trapianto deve curare.

Tutto questo ha però un prezzo che va ragionato con il cliente prima di lanciarsi in un’operazione magari senza senso… perché non sempre ha senso il grande trapianto!
Già, perché un grande trapianto può costare anche più di un esemplare di grande dimensione preparato da 20 anni in gabbia in un buon vivaio.

Ecco perché il grande trapianto va ben valutato non solo tecnicamente ma anche economicamente con il cliente… sperando sempre che non ci sia di mezzo la prescrizione ingestibile di qualche soprintendente che impone la conservazione di una reliquia disperata già aggredita dai funghi cariogeni o senza riserve energetiche.

A parte questo… il grande trapianto resta operazione emozionante e di soddisfazione, purché chi la esegue ascolti le richieste dell’albero che sta nelle sue mani.