Introduzione
La lingua giapponese possiede 150 vocaboli per definire altrettanti tipi diversi di potatura. Noi facciamo invece fatica ad usarne una mezza dozzina ma, ciò nonostante, anche con pochi termini specifici risulta possibile indirizzare la potatura
in modo preciso sui nostri alberi. A prescindere dalle conoscenze di anatomia, morfologia e fisiologia dell'albero, conseguibili solo all'interno di un percorso universitario specifico, resta per tutti aperta la possibilità di
imparare sul campo osservando l'albero nella sua crescita naturale come anche nelle “risposte” che dà ai nostri interventi di taglio.
La potatura di un albero ornamentale non è mai una pratica affidata a scienziati o a baroni universitari ma è una operazione affidata a operatori che hanno seguito corsi pratici di formazione o che si sono formati direttamente sul campo.
Il pericolo non viene tanto da chi non ha “studiato” l'arboricoltura ma, soprattutto, da chi non ha studiato le risposte degli alberi alla motosega.
Chiunque può infatti facilmente leggere la risposta di un cedro ad un capitozzo da cui si genera un moncone legnoso destinato a non avere vegetazione mentre, nel caso di un tiglio o di una quercia, la risposta è completamente diversa, con emissione di nuovi germogli nella zona di contatto tra l'anello legnoso esterno e la corteccia.
Questo lo insegna la scuola pratica del campo aperto.
L'importante è dare attenzione e ragionare sulla risposta dell'albero ai nostri tagli.
Tra il 1960 ed il 1990 sono state realizzate numerose ricerche sulla morfologia, sullo sviluppo e sulla fisiologia degli alberi. Parallelamente, dal 1980, gli agronomi del nord-Europa avevano esportato anche nelle nostre terre i nuovi metodi di potatura degli alberi ornamentali.
Queste ricerche sarebbero rimaste senza risvolti nella pratica arboricola e le nuove tecniche non si sarebbero mai diffuse se il Ministero francese dell'Ambiente non avesse promosso, nel periodo compreso tra gli anni 1985 e 1990, l'esecuzione di lavori allo scopo di applicare i risultati delle ricerche teoriche nell'arboricoltura urbana.
I centri universitari francesi che fecero scuola agli agronomi italiani sono questi:
• Università di scienze agrarie di Montpellier: AgronomiProff. F. Hallee R.A.A. Oldeman
• Università di scienze agrarie di Clermont-Ferrand: AgronomoProf. P. Champagnat
• Università di scienze agrarie di Marseille e d’Orsay: Agronomo Prof. R. Nozeran
• Centro ENSA di Rennes: Agronomi J. Duchensee P. Raimbault.
Lo scopo delle ricerche agronomiche era quello di arrivare ad un metodo di lettura dello stato dell'albero (una vera diagnosi dello stato fisio-morfologico dell'albero)sviluppato in 3 punti:
• collocare la specie dell’albero studiato in una delle 24 architetture strutturali possibili,
• collocare l’albero studiato all'interno del ciclo di sviluppo caratteristico della specie,
• effettuare la diagnosi dello sviluppo e il disegno progettuale delle potatura migliore
1)MODELLI ARCHITETTONICI
Forma e portamento dell'albero vanno a formare la sua morfologia, sconvenientemente indicata come architettura dell’albero.
La morfologia è il risultato di fenomeni chimici interni che regolano la vita della pianta e che, nel suo insieme, vanno a rappresentare la fisiologia della vita dell'albero.
Anatomia, fisiologia influenzano crescita e sviluppo e, questi due nel loro insieme, vanno a generare la morfologia.
Per ogni specie potremo però parlare di morfologia ideale ma anche di morfologia reale: la prima riguarda la forma tipicamente presa da una specie in condizioni ambientali standard e senza interventi traumatici esterni. La seconda è invece molto più influenzata da condizioni ambientali anomale o fisicamente molto incidenti.
Immaginiamo il caso degli alberi esposti ad una forte ventosità che darà origine a crescita inclinata verso la parte sottovento, come anche pensiamo alle conseguenze sulla forma di un albero dopo una potatura maldestra e molto pesante.
La crescita resta comunque sempre un fenomeno quantitativo mentre lo sviluppo è un fenomeno qualitativo. La morfologia ideale, che rappresenta semplificando l'immagine-tipo di una specie arborea, varia però molto con l'età: basta vedere la forma di un tiglio di qualche anno di vita e confrontarla con quella di un tiglio secolare.
Queste variazioni della morfologia di crescita sono molto complesse e tipiche di ogni specie.
Quando la crescita degli assi vegetativi e la loro ramificazione è continua, la ramificazione diventa regolare e densa, come nel caso delle Cupressaceae.
Quando invece la crescita presenta più frequentemente un ritmo annuale, persino di più cicli diversi nello stesso anno, ecco invece che la ramificazione diventa ciclica e va a formare dei palchi come nel caso degli abeti.
Le branche, e spesso anche il fusto principale, possono andare incontro ogni anno alla morte del meristema apicale (crescita simpodiale) o tramite l'aborto vegetativo (come nel caso delle Leguminose, dei tigli, degli ippocastani, degli aceri adulti o delle giovani querce.
In altre specie il meristema apicale prosegue invece la sua crescita ogni anno (crescita monopodiale) come avviene nei aceri giovani, nelle querce adulte, frassini, abeti, tuja.
Gli elementi costitutivi dell'albero –radici, foglie, fusto–influenzano reciprocamente il loro sviluppo attraverso delle correlazioni tra questi organi.
L'esempio più importante è la dominanza apicale, che è l'influenza che un asse principale in crescita esercita sullo sviluppo di un asse secondario.
Negli alberi giovani, per esempio, il fusto indirizza lo sviluppo dei rami verso una crescita orizzontale con una ramificazione preferenziale sul loro lato inferiore, che viene chiamata ipotonia (nell'acero e nella tuja), oppure con una ramificazione indirizzata in modo preferenziale sul lato e che viene chiamata anfitonia (negli abeti).
Questo insieme di caratteri, chiamato plagiotropia, è debole e labile nel primo caso mentre risulta più marcato e persistente nel secondo caso.
Un frassino o una tuja saranno quindi costituiti da branche che terminano verticalmente (ortotrope).
Un abete manterrà al contrario le sue branche orizzontali (plagiotrope).
La dominanza della parte apicale dell'albero provoca la scomparsa progressiva delle branche basali nell'acero, mentre nella tuja questa dominanza è meno marcata e quindi le branche basali sfuggono abbastanza presto alla dominanza esercitata dal fusto leader, raddrizzandosi e costituendo dei fusti secondari codominanti (fenomeno della basitonia).
Negli abeti, il fusto-leader esercita per molto tempo la sua dominanza e le branche sottostanti si sviluppano in maniera plagiotropa, mentre nella Gleditschiail leader scompare molto presto e il plagiotropismo si estende verso tutti gli assi compreso il tronco dell'albero che distende a questo punto il suo apice.
La combinazione dei caratteri precedentemente illustrati porta alla definizione di tipologie di architettura morfologica strutturale, da scollegare assolutamente con qualsiasi collegamento con la figura dell'architetto!Le osservazioni sugli effetti dei tagli di potatura sono il vero campo-scuola di chi non ha avuto la possibilità di affrontare un percorso di studio universitario e rappresentano, se ben osservati, una fonte inesauribile di risposte su quello che l'albero farà dopo un taglio.
La risposta, a parità di specie, non sarà però sempre la stessa proprio perché l'età fisiologica dell'albero influenza molto la sua “idea” di crescita.
La sequenza di disegni sotto riportati è molto indicativa in questo e può rappresentare il comportamento naturale di un tiglio, dalla sua nascita fino all'età sovra-matura di 500 anni e senza nessun intervento umano di potatura.
Architettura dell’albero: le 10 fasi fisiologiche tipicamente utilizzate per spiegare i complessi fenomeni della crescita e dello sviluppo dell’albero.
Modello Cupressaceae
Tuja: fusto-leader e branche monopodiali a crescita continua, ortotrope; ramificazione del tronco e delle branche densa e regolare; dominanza apicale facente posto alla base del fusto ad una forte basitonia che trasforma le branche basali in fusti secondari.
Modello Frassino e Acero
Frassino:fusto-leader e branche monopodiali a crescita ritmica; ramificazioni del fusto e delle branche marcatamente disposte su piani; ortotropismo e ipotonia persistenti; forte dominanza apicale che elimina i rami bassi sul fusto.
Acero di monte (Acerpseudoplatanus): fusto e branche monopodiali, successivamente simpodiali, crescita ritmica, ramificazione delle branche fortemente disposta su palchi. L'ortotropismo lascia posto nella pianta adulta ad un plagiotropismo crescente; forte dominanza apicale che elimina i rami disposti più in basso sul fusto.
Modello Ippocastano
Ippocastano (Aesculus hippocastanum): fusto monopodiale; branche monopodiali che diventano simpodiali a seguito della fioritura terminale, crescita ritmica, ramificazione delle branche marcatamente disposta su palchi; ipotonia fortissima e molto persistente; ortotropia persistente, dominanza apicale abbastanza marcata che elimina i rami sottostanti sul fusto.
Modello Abete
Abete (Abies) e peccio (Picea): fusto e rami monopodiali, tronco ortotropo branche plagiotrope con ramificazione anfitonica 'a piatto', crescita ritmica, ramificazione delle branche e del tronco marcatamente disposta su palchi, dominanza apicale molto persistente poco influente sui rami più bassi ma che limita il loro sviluppo mantenendo un apice vegetativo attivo per più di 50 anni.
Modello Platano
Platano (Platanusxacerifolia): fusto e branche simpodiali, crescita ritmica, ramificazione a palchi; fusto ortotropo, branche all'inizio debolmente plagiotrope infine fortemente plagiotrope; ipotonia inizialmente forte che con il tempo tende a scomparire progressivamente; dominanza apicale netta che elimina branche e vegetazione alla base ma basitonia assai marcata che mantiene alcune branche basali di grossa dimensione sul fusto.
Modello Tiglio e Gleditschia
Tiglio (Tilia): fusto e branche simpodiali, crescita ritmica, ramificazione dense e debolmente disposta su palchi; ipotonia netta ma saltuaria, tutti gli assi assumono carattere marcatamente plagiotropo: l'ortotropia si esprime sull'albero giovane ma tende a scomparire su quello adulto; la dominanza apicale è abbastanza debole, la basitonia al contrario è molto forte e può mantenere diverse branche nelle parti basse provocando anche sviluppo di polloni.
♦ Spino di Giuda (Gleditschiatriacanthos): fustoe branche simpodiali, crescita ritmica, ramificazione disposta a palchi; ipotonia molto debole, tutti gli assi si mantengono marcatamente plagiotropi; solo gli assi molto vigorosi e ben radicati esprimono un significativo grado di ortotropia; forte dominanza apicale che elimina i rami basali.
♦ Modello fastigiato: cloni fastigiati delle Cupressaceae, Carpino piramidale (Carpinus betulus “pyramidalis”), Pioppo cipressino (Populus nigra “Italica”), Quercia piramidale (Quercus robur “fastigiata”) Robinia piramidale (Robinia pseudoacacia “fastigiata“), ecc...: fusto e branche mono o simpodiali, crescita continua o ritmica, branche ortotrope e fortemente ipotoniche con ramificazione densa, regolare o debolmente disposta a palchi; debole dominanza apicale che consente la formazione di tronchi secondari paralleli al tronco principale; basitonia netta che mantiene rami vigorosi lungo tutto lo sviluppo del tronco ed in particolare nella sua parte bassa.
CURIOSITÀ: La matematica nella forma e nelle dimensioni degli alberi
Lo sviluppo di un albero nei suoi rapporti di lunghezza, spessore, angolo e numero di ramificazioni, risponde a precise regole fisiche e matematiche che ne regolano il rapporto in relazione al funzionamento idraulico, all'accesso alla luce, all'equilibrio statico, e così via. In altre parole, la crescita dell'albero in continuo adattamento all'ambiente esterno segue regole costanti descrivibili matematicamente attraverso la geometria frattale al cui fondamento troviamo l'autosomiglianza, cioè la reiterazione del modello in scale differenti. La ricerca morfogenetica botanica si è avvalsa negli ultimi anni delle capacità di calcolo del computer per creare modelli anche visuali dei fenomeni naturali rivelandone le costanti matematiche e confermando scoperte di scienziati e matematici dell'antichità, come Fibonacci e Leonardo da Vinci.
L'operatore serio che lavora in arboricoltura deve da subito separare due mondi:
- Arboricoltura dei FRUTTIFERI
- Arboricoltura ORNAMENTALE
La prima è un mondo a sé e deve sottostare alle esigenze di fruttificazione di mele, pere, pesche o albicocche.
La seconda non ha invece nulla a che vedere con la produzione regolare di frutta e quindi è svincolata dalle rigide regole della potatura dei fruttiferi.
Vediamo quali sono questi paletti che l'arboricoltura ornamentale pone a chi si occupa delle potature sugli alberi ornamentali.
L'operatore deve intanto avere chiari due elementi:
- vizi e virtù della crescita dell’albero;
- ubicazione dell’albero(e sua frequentazione conseguente).
La semplice distinzione degli alberi in 2 gruppi:
- a foglia caduca;
- sempreverdi;
non aiuta molto nella comprensione di vizi e virtù degli alberi in quanto sia tra le caducifoglie che tra le sempreverdi abbiamo specie diversissime.
Tra le prime proviamo a confrontare un taxodio e un tiglio; li troveremmo inavvicinabili come anche, tra le seconde, non riusciremmo mai ad avvicinare una magnolia ad un cedro.
Troppo diversi.
Questa semplice distinzione tra caducifoglie e sempreverdi non è perciò molto utile per chi deve gestire una potatura.
Vizi e virtù di un albero sono infatti diversissimi da specie a specie.
Non solo: la stessa specie ha comportamenti fisiologici e morfologici molto diversi in funzione della sua fase di maturità.
Proviamo a pensare alla risposta al taglio di un “giovane” rovere dell'età di 50-60 anni rispetto alla risposta di un vecchio rovere senescente di 800 anni di età.
Sempre di rovere si tratta ma nel primo caso la risposta alla potatura sarebbe completamente diversa da quella sulla seconda quercia.
Il confronto non sarebbe addirittura possibile tra un pioppo di 50-60 anni e un suo consimile di 800 anni perché mentre un rovere di 60 anni è un giovanotto, un pioppo della stessa età è ormai una pianta decrepita e a fine ciclo.
Il secondo aspetto, quello relativo all'ubicazione dei soggetti da potare, assume particolare importanza sia in termini economici che in quelli della sicurezza.
Infatti, le statistiche confermano che gli interventi cesori sono per 2/3 eseguiti sulle alberature dei viali stradali urbani, quelli appunto più vulnerabili nel caso di caduta di rami.
2) CRITERI DI POTATURA
2.1 SCOPI
La potatura ha esclusivamente scopo produttivo nelle piante da frutto mentre possiede significati legati alla sicurezza, all'ingombro e all'estetica nel caso degli alberi ornamentali di viali e giardini.
Nei boschi, come tutti sappiamo, la potatura non ha nessun senso a meno che non si consideri tale il taglio al piede effettuato con scopi di diradamento nei boschi fitti. In effetti, con un occhio particolare, tale intervento potrebbe essere visto come una “potatura” della massa arborea nel suo insieme.
In particolare, per quanto riguarda l'ambiente urbano, la potatura deve essere finalizzata al conseguimento di alcuni obiettivi come:
- favorire la longevità della pianta;
- mantenere il più possibile il portamento voluto;
- risolvere i problemi di sicurezza,
- risolvere i problemi di ingombro;
- rimuovere focolai di parassiti anche pericolosi per l’uomo(es: processionaria della quercia).
Questi sono i 5 obiettivi primari che deve avere sia il tecnico che l'operatore.
Ricordiamocelo sempre: un albero non potato vive sempre più a lungo di un albero potato come anche un albero in ambiente naturale vive sempre più a lungo di un albero posto in ambiente urbano.
Con la potatura l'albero va "guidato nella crescita" e impostato affinché riesca a vegetare in un ambiente spesso difficile per la cattiva qualità del suolo o per la competizione e il disturbo dei manufatti aerei.
In città, nei viali alberati, la potatura prende perciò due scopi essenziali:
- alleggerire la chioma in quanto le radici lesionate dagli scavi hanno difficoltà a sostenere l’albero,
- ridurre la chioma in quanto gli edifici o i cavi aerei sono in competizione con le branche.
Potatura speciale “a testa di salice” eseguita su tigli esemplari in preparazione di un grande trapianto programmato su 3 anni di lavorazione delle zolle e ridimensionamento delle chiome
2.2 TIPI DI TAGLIO
Definiamo intanto alcuni significati importanti relativi alla differenza tra potatura ricca e potatura povera, che riguarda le gemme, dalla differenza tra potatura pesante e potatura leggera, che riguarda il legno.
Definiamo potatura ricca l'asportazione di un gran numero di gemme e potatura povera una potatura che asporta una quantità più modesta di gemme.
Ricchezza e povertà sono perciò riferite alla quantità di gemme asportate.
Quali le conseguenze: una potatura ricca è sempre causa di emissione di polloni molto più elevata e disordinata rispetto ad una potatura povera per via del fatto che l'albero “sente” la perdita di molte gemme e la controbilancia andando a risvegliare gemme secondarie o dormienti poste sotto la corteccia, a loro volta responsabili della emissione dei polloni.
La potatura ricca può perciò aumentare il vigore delle gemme lasciate ma anche può risvegliare molte gemme dormienti o secondarie, capaci di emettere polloni anche vigorosi e indesiderati.
Potatura pesante e potatura leggera sono invece termini che riferiamo alla quantità di legno asportato e non alla quantità di gemme. Ricordiamo sempre che il legno, in periodo invernale, è sede di deposito delle sostanze energetiche di riserva dell'albero: più legno si va ad asportare e più energie l'albero perde.
Ovviamente, il dare un valore al significato di pesante o leggero è molto soggettivo perché materialmente non possiamo dare dei valori numerici rigidi.
La sensibilità e l'esperienza, in questo, sono gli unici metri di misura.
Concludendo, l'operatore che deve affrontare una potatura dovrà sempre:
- valutare le condizioni del soggetto in merito a portamento, vigore, ubicazione;
- valutare la combinazione più opportuna dei tagli e la loro intensità;
- impostare l’intervento per risanare ed equilibrare al meglio il soggetto considerando al meglio le condizioni di “portanza” delle radici (l’effetto vela della chioma è un elemento da considerare sempre come vincolante.
Recenti acquisizioni sperimentali sulle reazioni dei tessuti vegetali ai tagli, ed in particolare alle modalità di formazione del callo di cicatrizzazione che rappresenta la più importante attività fisiologica del vegetale per impedire l'inoculo di malattie del legno, consigliano di attenersi ad alcune tecniche specifiche che le figure seguenti illustrano schematicamente.
Elemento anatomico di riferimento su cui orientare il taglio è la zona del “collare” del ramo.
Il taglio sul collare è quello che dà maggiori possibilità di buona sigillatura della lesione con rapida e omogenea differenziazione di legno di reazione da parte del cambio cribro-vascolare, tessuto meristematico secondario deputato a costruire ogni anno nuovi anelli di legno vascolare e libro floematico.
Se il taglio è troppo raso al fusto, ovvero se è troppo esterno sul ramo, il risultato si manifesta sempre in una cattiva chiusura della sezione di taglio da cui consegue l'instaurarsi di carie fungine incurabili e pericolose per la struttura dell'albero.
Nel gergo comune distinguiamo 5 tipi di taglio:
- spuntatura
- speronatura
- diradamento
- taglio di ritorno
- taglio di risanamento
1) Spuntatura
L'intervento prevede l'intervento sulla parte apicale di un ramo di pochi centimetri di sezione con asportazione del cimale. Il taglio comporta l'asportazione di una ridotta quantità di legno e il taglio va inquadrato come “taglio lungo”.
Dal punto di vista della fisiologia vegetale, la spuntatura limita l'accrescimento e generalmente favorisce l'irrobustimento delle zone basali della pianta.
Inoltre stimola lo sviluppo di nuove gemme lungo tutto l'asse dei rami ed in particolare nella porzione basale di questi. Questa operazione di potatura produce effetti diversi se applicata su soggetti vigorosi o soggetti deboli come anche su soggetti giovani rispetto a soggetti a fine ciclo.
Con la spuntatura si va ad influenzare molto la morfologia (portamento) dell'albero in quanto si vanno ad alterare i fenomeni ormonali di dominanza apicale: il risultato sulla pianta tende a portare verso l'affastellamento e alla codominanza.
2) Speronatura
Consiste nel taglio di raccorciamento eseguito sulla parte basale dei rami o delle branche e comporta l'asportazione di buona parte della vegetazione. Viene pertanto considerato un tipo di “taglio corto”.
Questa operazione di potatura comporta una importante riduzione del numero delle gemme e, pertanto, le gemme conservate godranno di molta più linfa di quanta ne avrebbero avuta senza questo tipo di taglio.
In caso di speronatura molto spinta, spesso accompagnata anche da diradamento, è possibile avere due risposte indesiderate dall'albero:
- risveglio delle gemme basali dormienti con emissione di polloni;
- affastellamento in prossimità del taglio nel caso non ci sia uno sperone forte e vigoroso (in questo caso il taglio diventa in mini-capitozzo e l’emissione dei polloni provoca codominanza per via della mancanza di un leader di vegetazione dominante;
Una speronatura corretta genera rami con sviluppo vigoroso ed abbassa la corona della chioma in vegetazione.
La spuntatura è una pratica tipica sulle giovani piante, la speronatura diventa frequente sulle piante mature.
3) Diradamento
Si tratta di asportare completamente rami o branche con taglio al collare di inserzione.
Il taglio asporta interamente un ramo o una branca dell'impalcatura. In quest'ultimo caso parliamo di capitozzo raso, pratica da evitare se non per gravi motivi di sicurezza.
Un buon diradamento può essere effettuato fino a tagli che non superano i 10 cm ma sempre sul collare del ramo.
Dal punto di vista fisiologico, è dimostrato che, a parità di legno asportato, il diradamento sottrae una minor quantità di sostanze di riserve energetiche all'albero rispetto alla speronatura o alla spuntatura e questo va a pieno vantaggio del vigore delle radici, meglio nutrite dalla chioma.
Gli alberi sottoposti al diradamento formano una chioma meno compatta, più equilibrata, meglio illuminata, più robusta.
Il diradamento, asportando anche parte della porzione centrale della chioma, favorisce la benefica azione di contatto dei raggi solari ed abbassa il tasso di umidità fra le foglie limitando gli attacchi parassitari e consentendo una migliore lignificazione delle branche.
In genere si può affermare che, mentre il raccorciamento (speronatura e spuntatura) favorisce l'attività vegetativa, il diradamento favorisce l'equilibrio, l'irrobustimento e la fioritura della pianta.
Il diradamento non va però sempre eseguito perché alzala corona della chioma.
La miglior potatura standard sugli alberi richiede infatti la compartecipazione dei tagli di diradamento con quelli di “ritorno” eventualmente abbinati a speronatura, spuntatura.
4) Taglio di ritorno
Consiste nel recidere il ramo o la branca immediatamente al di sopra di un ramo di ordine inferiore a quello che si elimina.
Il ramo conservato, che deve essere sano e ben orientato in modo da evitare ramificazione difettose, sostituisce la cima di quello asportato assumendone le funzioni.
E' considerata un'operazione di potatura "indiretta" in quanto, anche se il soggetto viene privato nel suo complesso di grosse quantità di legno, e ridotto nelle sue dimensioni, consente sia di mantenere una armonica successione fra i diametri dei diversi assi vegetativi (rami, branche), che di mantenere una adeguata carica di gemme.
Evidentemente questa potatura può essere applicata esclusivamente quando esistono in prossimità del punto di taglio dei rami affidabili di ordine inferiore.
Non sempre questo requisito è però presente per via di difetti di crescita, lesioni di varia natura, carie fungine, precedenti capitozzi maldestri, ecc... in questi casi il taglio di ritorno diventa impossibile e l'operatore dovrà orientarsi verso altre soluzioni.
Dal punto di vista fisiologico, è interessante vedere quali reazioni hanno gli alberi sottoposti a regolari e corrette potature con tagli di ritorno sul medio (anni) e lungo termine (decenni).
In primis viene la drastica riduzione di polloni in corrispondenza del punto di taglio.
Infatti la presenza del prolungamento dei rami (cima) fa sì che la linfa si distribuisca più uniformemente dalla inserzione fino alla gemma apicale evitando un suo accumulo nella zona di taglio.
Non da meno viene la migliore distribuzione della linfa nella pianta.
Infatti, evitando il richiamo di linfa nella zona prossima al taglio, si evita di sottrarre alla parte inferiore del ramo sostanze nutritive col vantaggio che risultano ridotti i problemi causati da:
- attacchi parassitari;
- indebolimento della branca;
- accentuarsi di seccumi sui rami abbandonati dalla linfa.
Considerato che questa operazione di potatura estrinseca il massimo degli effetti se applicata su rami di diametro non superiore ai 10 cm, è evidente che le lesioni provocate dai tagli avranno superfici di sezione facilmente “sigillabili” dal cambio cribro-vascolare con produzione di nuovo legno di reazione.
Il fenomeno è molto evidente sui faggi capaci di formare autentici “sigilli” perfettamente lignificati in prossimità dei tagli.
Potatura con tagli di ritorno a tutta cima su platani
Giovane ippocastano messo a dimora senza potature di preparazione. Il rinvio delle potature di allevamento al 2°-3° anno dall'impianto è motivato dalla buona qualità dell’apparato radicale, capace di sostenere le richiesta della chioma integra senza necessità di asportazione di legno e di riserve della pianta.
5) Taglio di rimonda e di risanamento
I tagli rimonda sono interventi straordinari legati alla necessità di provvedere alla rimozione di rami o branche spezzate o cariate.
L'intervento ha perciò una funzione in parte estetica ma soprattutto sanitaria.
Il taglio di ritorno va possibilmente eseguito sempre sul collare.
Tipicamente i tagli di rimonda sono richiesti dai vecchi alberi che mostrano rami interni rinsecchiti a seguito di “aborto” naturale indotto dalla pianta stessa che va ad auto-potarsi a seguito dello sviluppo della corona fogliare sempre più esterna.
La presenza di pesanti seccumi è diffusa in tutti i vecchi alberi e non è da considerarsi elemento anomalo o di debolezza sanitaria.
La branca rinsecchita rappresenta però un grosso pericolo per i frequentatori dell'area entro la proiezione della chioma a terra e pertanto, per la gestione in sicurezza, questi rami secchi vanno eliminati almeno ogni 10-20 anni.
Tagli di risanamento su vecchio cedro
Falsi tagli di “risanamento” eseguiti su un vecchio filare di tigli. Nella realtà il taglio risulta essere un classico capitozzo malamente eseguito e privo di giustificazioni. Il danno è doppio e si ripercuote sull'indebolimento energetico delle piante come anche sulla loro vulnerabilità all'aggressione delle carie legnose nei grossi tagli di potatura
6) Asportazione di gemme e asportazione di legno
La spuntatura, la speronatura, il diradamento ed il taglio di ritorno producono ciascuno effetti diversi sulla stessa pianta.
Un cantiere di potatura può benissimo comprenderli però tutti in simultanea sulla stessa pianta.
Anzi, è giusto dire che sempre i quattro tipi di taglio andrebbero eseguiti per meglio equilibrare l'albero.
La vera difficoltà per l'operatore è quella di dosare in modo opportuno questi quattro tagli in relazione al soggetto sul quale si opera, alle situazioni di fatto esistenti ed agli obiettivi che si vogliono raggiungere (vincoli urbani, disponibilità economica, sicurezza verso l'utenza, ecc.) tenendo in considerazione i principali parametri tecnici che aiutano l'operatore a proporzionare il dosaggio delle varie operazioni: il portamento naturale della specie (a cui la potatura, per quanto possibile, si deve sempre avvicinare), il turno fra un intervento e l'altro, lo stato fitosanitario del soggetto ed infine le caratteristiche costanti della specie (resistenza alle avversità atmosferiche).
Tutto quanto sopra riguarda il tipo di taglio e si riferisce agli aspetti qualitativi; nulla abbiamo ancora detto invece sulla intensità di potatura, intesa come massa biologica dell'albero da eliminare.
Ci riferiamo, in questo, alla quantità di legno da asportare.
Anche la simmetria non va intesa in senso strettamente geometrico ma piuttosto come equilibrio tra le diverse branche ed i loro centri di vegetazione (le gemme).
Ne consegue che quando in un albero non equilibrato si hanno branche di diverso sviluppo, per riportare l'equilibrio fra di esse si devono seguire i seguenti criteri:
- la branca vigorosa andrà sottoposta a tagli di accorciamento per aumentare la competizione tra i numerosi rami basali emessi in competizione reciproca;
- la branca debole andrà invece sottoposta a tagli di diradamento che riducano il numero dei rami aumentandone il vigore e la spinta di punta.
Considerando poi il flusso della linfa è importante ricordare che essa tende a salire dalle radici alle branche il più verticalmente possibile e quindi abbonda nei rami verticali e scarseggia nei rami orizzontali.
Ne deriva che i rami verticali raggiungono uno sviluppo maggiore mentre quelli orizzontali si indeboliscono. Inoltre va tenuto presente che la linfa si concentra nelle gemme situate in prossimità dei tagli provocando in tal punto lo sviluppo di germogli vigorosi ma con inserzione debole.
Ritornando alle nozioni pratiche di potatura va ricordato che sopprimendo una branca, la linfa va ad avvantaggiare le altre, così accade che in una branca tagliata corta si sviluppano germogli più vigorosi che in una branca tagliata lunga.
Questo avviene soprattutto nelle piante giovani, mentre nelle piante adulte la soppressione di una branca non avvantaggia le altre in quanto ciascuna di esse tende ad assumere una propria individualità. La conseguenza pratica è che risulta conveniente effettuare una corretta potatura di formazione nella fase giovanile delle piante.
Gli obiettivi che si devono raggiungere nella gestione arborea del verde urbano riguardano la conservazione in piena sicurezza dell'albero, la cura del suo valore ornamentale e la garanzia della sua massima longevità. E' evidente che la potatura, in questo, è capace di soddisfare molto bene i tre requisiti ma da sola non basta se non supportata da altre attenzioni.
Ci riferiamo alla cura della sanità dei suoli, alle irrigazioni di soccorso, alla tutela nei cantieri di scavo, alla difesa antiparassitaria e, non ultimo, alla qualità di partenza del materiale vivaistico messo a dimora.
Alcuni aspetti di natura agronomica che possono indirizzare una potatura in un senso o nell'altro, sono i seguenti:
• Sesti d'impianto
La distanza d'impianto fra gli alberi, soprattutto lungo i filari stradali, deve necessariamente tener conto della “forza di crescita” della specie botanica da cui dipende, in effetti, la dimensione finale.
Ad esempio: per alberi di prima grandezza, che raggiungono un diametro della chioma superiore a 10 m, il sesto d'impianto non dovrà essere inferiore almeno a 10 m.
• La qualità delle radici del materiale vivaistico
E' molto importante nel valutare la necessità di potature per l'impianto dei nuovi alberi in quanto la buona preparazione vivaistica al trapianto riduce le necessità di tagli al momento della piantagione.
Una cattiva qualità e quantità delle “barbe radicali” nella zolla al momento della piantagione rende infatti necessario l'abbassamento del numero di gemme da lasciare sulla pianta in fase di piantagione per evitare una elevata fogliazione primaverile non sostenibile dalle radici della pianta mal lavorata (mal preparata) in vivaio.
La corretta coltivazione dei giovani soggetti in vivaio attraverso le corrette zollature di preparazione consente di evitare, addirittura, qualsiasi necessità di potatura all'atto della piantagione, garantendo alla pianta la piena conservazione delle riserve energetiche del legno dei rami.
• I turni di potatura adottati nel passato
Sono importantissimi nel condizionare il tipo di potatura che dobbiamo adottare.
Con turni molto lunghi è inevitabile la necessità di procedere a tagli pesanti addirittura con capitozzi a meno che non si accetti una forte espansione della chioma.
I capitozzi però sono sempre vie di ingresso dei funghi cariogeni che vanno ad insediarsi nel legno esposto e che possono addirittura portare a pericolose fratture del fusto.
Pur non essendoci regole rigide, possiamo però immaginare come di buona prassi agronomica queste note:
1)nei primi 10 anni dall'impianto è bene applicare tagli leggeri di “allevamento” (termine zootecnico di uso comune) almeno ogni 2-3 anni;
2)nei 3 decenni successivi è bene intervenire almeno ogni 5-6 anni con tagli leggeri di riequilibrio;
3)oltre il 30° anno la potatura andrebbe seguita almeno ogni 10 anni.
E' importante ribadire che i turni di potatura molto lunghi obbligano spesso a dovere intervenire con "potature forti" e queste, come si vedrà, sono sempre irrazionali perché innescano una strada obbligata che prevede potature difficile e spesso ingestibili.
La soluzione sta, anche nel verde pubblico, nella possibilità di progettare dalla piantagione un corretto piano di gestione delle alberate seguendo le regole prima descritte.
• La salute strutturale dell’albero
La presenza di difetti di crescita o di parassitologie strutturali che mettono a rischio la sicurezza dell'albero indirizzano la potatura anche verso tagli apparentemente assurdi e pesanti.
Quando vizi o difetti strutturali sono gravi, non c'è ragione che tenga e l'albero rischia potature anomale o anche il taglio al piede.
Un identico discorso vale anche nel caso degli scavi stradali che abbiano ridotto l'affrancamento radicale al suolo. In questo caso la potatura diventa necessaria sia per ridurre la richiesta idrica della chioma, adeguandola alle disponibilità delle radici dopo lo scavo sia per abbassare la vela della chioma adeguandola alla portanza delle radici ridimensionate dallo scavo.
2.3 TIPI DI POTATURA
I vari tipi di taglio prima citati, nella completezza della loro esecuzione, qualificano la potatura adottata. Viceversa, in base alle necessità di potatura che posso avere, devo sempre rifarmi ai tipi di taglio che ho prima elencato.
RICORDIAMO BENE:
quando affrontiamo un albero e dobbiamo stabilire cosa tagliare e cosa conservare dobbiamo indirizzare la nostra attenzione non sui rami da eliminare ma su quelli da conservare.
Il concetto non è di poco conto perché nel 99% dei casi chi accende la motosega guarda ramo dopo ramo e decide di volta in volta cosa conservare e cosa tagliare.
Questo è l'errore classico: cercare i rami da tagliare senza avere idea di che chioma andare a costruire.
Attenzione però, perché in verità il primo sguardo deve essere indirizzato alla ricerca di eventuali rami pericolanti o comunque mal inseriti.
In primis l'operatore deve individuare proprio questi rami inaffidabili o indesiderabili e prepararsi ad eliminarli; in seconda battuta viene poi il ragionamento fatto sulla selezione della struttura da conservare.
I momenti della decisione sono però tre perché a monte sta sempre l'esame delle condizioni di inserimento ambientale dell'albero.
Questi tre momenti che precedono l'avvio della potatura ci portano a:
- Verificare e valutare le eventuali “pressioni” ambientali presenti, intese come necessità contingenti che gravano sull'albero: ci riferiamo ad eventuali riduzioni dell’apparato radicale causate da scavi, alla presenza di manufatti di disturbo, a flusso dei veicoli, alla presenza di cavi aerei, alla cattiva radicazione per vizi o difetti di crescita nel suolo, ecc...
- Visionare e valutare gli eventuali rami difettati o cariati o infestati da xilofagi; questi rami vanno eliminati a prescindere dalle influenze sulla “bellezza” dell’albero (ndr: la sanità strutturale dell’albero è direttamente collegata alla sicurezza e quest’ultima è il primo elemento da considerare),
- Osservare la chioma e decidere quale architettura strutturale conservare, procedendo all'eliminazione di tutto ciò che risulta estraneo ad essa.
A prescindere dalle condizioni ambientali e dalla salute strutturale dell'albero possiamo però citare alcuni tipi di potatura standard su cui possiamo sempre fare riferimento.
Ci stiamo riferendo alle potature tradizionali di:
- Allevamento (durante coltivazione dell'albero in vivaio),
- Impianto (nel momento di messa a dimora del nuovo albero),
- Formazione, (nei primi 10 anni di vita dalla piantagione),
- Riequilibrio; (nei casi particolari di asimmetrie o lesioni della chioma),
- Risanamento, (per eliminare rami morti, pericolanti o infestati),
- Conservazione, (per le conservazione sicura dell'albero),
- Alleggerimento, (per ridurre l'effetto vela rispetto alle folate di vento o i carichi da neve),
- Ringiovanimento, (per riportare in vegetazione la parte interna o basale della chioma),
- Trapianto, (per preparare e mantenere in equilibrio i vecchi alberi soggetti a grande-trapianto).
Le potature possono perciò avere tante funzioni e possono addirittura essere fatte, con accorgimenti speciali, anche in piena vegetazione ma con l'accortezza di evitare le prime settimane del risveglio vegetativo eanche le ultime prima dell'entrata in riposo invernale.
Nel primo caso, l'handicap sta nella perdita delle sostanze nobili messe in circolo dall'albero nelle prime settimane di vegetazione: una potatura sulla pianta in prima vegetazione asporterebbe molto materiale energetico portando l'albero in stress fisiologico.
Nel secondo caso, all'opposto, la potatura effettuata nei giorni che precedono la spogliazione autunnale impedirebbe alla pianta di trasferire le sostanze nobili dalle foglie al legno e l'albero andrebbe in riposo in carenza nutrizionale.
La caduta delle foglie, ricordiamolo, avviene infatti dopo che le foglie hanno trasferito al legno le sostanze più preziose della linfa.
Andiamo ora a vedere alcuni tipi di potature standard ben sapendo che questi esempi non risolvono il panoramica delle casistiche quotidiane.
- Potature ordinarie di contenimento o di diradamento
La classica potatura invernale di mantenimento può richiedere contenimenti o diradamenti della chioma e andrebbe eseguita su turni non superiori ai 10 anni.
Un alberatura matura, in piena vegetazione, senza gravi vizi ambientali o difetti strutturali, viene affrontata e gestita con i seguenti tagli:
• di ritorno a tutta cima, per ridimensionare le chiome senza modificarne la forma,
• di diradamento selettivo, per irrobustire le taglia e sollecitare la crescita,
• di contenimento con spuntatura, per contenerne la taglia aumentandone la competizione dei rami,
• di ringiovanimento con speronatura, per ridimensionarne fortemente la dimensione
• di capitozzatura, per scopi straordinari a cui non si trova altra alternativa
La potatura di mantenimento solitamente è indirizzata verso una di queste due soluzioni:
- A) potatura di contenimento, in cui dominano i tagli di accorciamento dei rami (ritorno)
- B) potatura di diradamento, incui dominano i tagli selettivi interni alla chioma (diradamento)
Il periodo più adatto è quello del pieno riposo vegetativo dell'albero, possibilmente dopo i geli di fine inverno. Potendo scegliere, andiamo a collocare le potature di mantenimento sempre nel mese di febbraio considerando buoni anche il mese di marzo e di gennaio.
Le potature anticipate all'epoca di caduta delle foglie sono sempre deleterie sul vigore energetico dell'albero in quanto non permettono alla pianta di trasferire i materiali di riserva dalle foglie al legno. Ciò porta, come conseguenza, una riduzione dell'attività di sviluppo della radice, con conseguente debolezza nella ripresa vegetativa primaverile.
Potature a capitozzo su tigli malamente impalcati. Si noti il riscoppio vegetativo solo ed esclusivamente dalle gemme secondarie sottocorticali, responsabili di un forte affastellamento vegetativo con decine di germogli in competizione.
Attenzione però, anche gli interventi nelle giornate più gelide dell'anno sono dannosi perché i rami, induriti dal gelo, sono più fragili e possono spezzarsi facilmente.
Curioso è anche il fatto che gli alberi non potati resistono meglio al freddo intenso.
Stesso avviso di criticità va indirizzato alla potatura troppo posticipata, quando l'albero ha iniziato l'attività vegetativa, perché questo provoca un indebolimento complessivo del soggetto per via del fatto che il germogliamento, che si andrà ad asportare con la potatura tardiva, si porta con sé buona parte delle riserve nobili dell'albero, consumando in tal modo molte delle riserve energetiche dell'albero.
Come indicazione pratica, si può considerare, quale punto di riferimento per sospendere l'attività di potatura la fase di “succhio” dell'albero, riconoscibile dalla corteccia che tende facilmente a scollarsi dal legno.
Tree-climber impegnato in una potatura scorretta perché fuori epoca (pianta in germogliamento).
Filare stradale maturo di tigli su cui è possibile leggere il percorso delle potature subite negli ultimi decenni. L’ultimo taglio, eseguito circa 5-6 anni addietro nei punti indicati dalle frecce, può essere considerato un capitozzo leggero a cui la pianta ha reagito emettendo molta vegetazione avventizia oggi affastellata e in codominanza. Le frecce blu indicano invece il punto dei pesanti capitozzi subiti 30-40 anni prima.
Come detto, le potature ordinarie di mantenimento di un'alberata possono avere un impronta servo il “contenimento” della chioma come anche verso l'”alleggerimento” della chioma.
Nel primo caso la chioma viene contenuta e fatta rientrare con tagli di ritorno, nel secondo caso la chioma viene “arieggiata” e diradata tramite tagli selettivi sulle branche sovrannumerarie o male impalcate.
Con la potatura di contenimento la forma della pianta viene ridimensionata, con la potatura di diradamento invece la forma della chioma resta integra anche se la chioma diventa più “trasparente”.
• Potatura a tutta cima
Si realizza applicando quasi esclusivamente la tecnica del taglio di ritorno.
Il termine "tutta cima" sta ad indicare che in nessun ramo potato viene interrotta la "dominanza apicale" esercitata dalla gemma terminale, in quanto dovendo accorciare una branca o un ramo si asporterà la porzione apicale del ramo fino all'inserzione di un ramo secondario inferiore di sostituzione che a sua volta assumerà la funzione di cima seppur con meno vigore del precedente.
La funzione leader verrà perciò recuperata dalla gemma terminale di un ramo sottomesso che noi facciamo diventare principale.
Infatti se con il taglio viene interrotta la funzione di cimale dominante, in prossimità della superficie di taglio il cambio darà origine a gemme secondarie che produrranno rami vigorosi di sostituzione ma male ancorati e in concorrenza tra di loro. In certi casi, considerando il numero di gemme presenti sul ramo di prolungamento, può essere opportuno "svettare" la cima per alleggerirla da un'eventuale abbondante vegetazione che potrebbe provocare un incurvamento del ramo con possibilità di rottura.
Questo tipo di potatura rispetta l'integrità delle branche principali mantenendo una armonica successione dei vari diametri e la funzionalità fisiologica dell'albero.
In tal modo, la chioma non subisce drastiche riduzioni e le gemme terminali dei nuovi rami di sostituzione permettono un equilibrato sviluppo di germogli senza i riscoppi che avvengono capitozzando le branche.
La potatura a tutta cima, la cui validità a livello fisiologico ed estetico è stata ampiamente verificata dagli agronomi delle università di tutto il mondo, non può però essere sempre applicata nell'arboricoltura urbana, in quanto esistono situazioni che richiedono interventi più complessi ed articolari.
Ci riferiamo ai casi di:
- alberi adulti sottoposti per lungo tempo a potature drastiche;
- soggetti regolarmente e drasticamente capitozzati;
- piante adulte cresciute con sesto d'impianto molto ravvicinato e quindi filate;
- soggetti allevati in forme obbligate (candelabro, spalliera, ecc...)
• Potatura di diradamento
Si realizza con diversi tagli di diradamento senza tagli di ritorno.
Lo scopo è mantenere la corona vegetante della chioma alla stessa altezza con maggiore spinta vegetativa a favore della crescita.
La potatura di diradamento non riduce la dimensione dell'albero ma lo arieggia nella chioma e lo alleggerisce rispetto alle folate di vento o ai carichi da neve.
La maggiore difficoltà sta nella scelta delle branche da eliminare in considerazione del fatto che queste sono branche mature non più rinnovabili una volta asportate.
Mentre la potatura di contenimento può essere fatta a turno regolare anche ogni 10 anni, la potatura di diradamento è una pratica una-tantum che non si ripete regolarmente.
Potature di allevamento in vivaio
Comprendono quelle potature che il vivaista effettua in vivaio, per la preparazione della pianta.
Ci riferiamo alla prima, nel caso di materiale venduto in taglia massima 20-25 cm di circonferenza, o alle prime due potature, nel caso l'albero vada ad entrare nel mercato degli esemplari che arrivano a 40-50 cm di circonferenza, eseguite in vivaio.
Le potature di formazione, dette di allevamento, sono pratiche necessarie in vivaio per preparare nel migliore dei modi l'albero alle esigenze di mercato.
Fino a 20 anni fa la classica potatura di vivaio “intestava” l'albero eliminando il leader di crescita a 250-350 cm di altezza per indurre la pianta a sviluppare branche di sostituzione poi allevate in quantità di 4-5.
Dagli anni 90 il mercato, soprattutto del centro-Europa, ha iniziato a chiedere tassativamente alberature preparate a fuso con un forte leader di crescita.
Il vivaismo ha perciò orientato il 95% delle potature per la formazione di soggetti con il cimale dominante ben conformato, addirittura incannandolo, diradando eventualmente le ramificazioni laterali.
Se l'albero è posto in condizioni di sviluppare liberamente il suo portamento naturale durante la fase di allevamento, si eseguiranno delle potature solo per asportare parti di vegetazione mal conformata, e pertanto si interverrà il minimo indispensabile.
La potatura di allevamento prevede:
- eliminazione dei rami troppo vigorosi;
- eliminazione dei rami malformati;
- eliminazione dei rami soprannumerari o mal disposti;
- sulla parte restante di chioma sarà necessario valutare la convenienza di tagli a tutta cima per completare l'impostazione della forma di allevamento prescelta.
Olivi potati in vivaio a Sciacca –AG. Aceri potati in vivaio a Canneto –MN.
Potature di trapianto
Sono potature speciali e specifiche per i grandi trapianti.
Si effettuano per preparare gli alberi destinati ad uno spostamento straordinario su cui le zollature frazionate avevano già asportato parte dell'apparato radicale più esterno.
In queste situazioni, la preparazione della zolla con 2 anni di scavi seguiti dal trapianto nel 3° anno unita al contenimento della massa fogliare traspirante, i tagli si spuntatura, speronatura, e ritorno trovano grande significato.
Da evitare invece le potature di diradamento per evitare una circolazione spinta dell'area nella chioma.
Per buona norma, le potature di accompagnamento ai grandi trapianti possono essere:
- di ritorno,
- di spuntatura,
- di speronatura.
In certe situazioni estreme, diciamo disperate, per salvare alberi di particolare valore affettivo si propende, non avendo altre soluzioni tecniche, alla pratica della preparazione “a testa di salice” con lo scopo di abbassare l'altezza della vegetazione da soddisfare e anche per avere chioma fitta e contenuta, meno esposta alla disidratazione.
La preparazione a testa di salice può dare margini di riuscita al trapianto ma genera una morfologia della chioma completamente diversa da quella originaria.
Una forte conservazione dell'impalcatura della chioma originaria rende, per contro, più vulnerabile l'albero agli stress del trapianto che spesso portano l'albero alla disidratazione dei rami o alle fratture longitudinali della corteccia del fusto, lesioni che indicano la morte del cambio cribro-vascolare del tronco.
Potature a testa di salice su grandi trapianti eseguiti con zollatura su 3 anni di preparazione.
Potatura verde
E' una potatura sulla pianta in piena vegetazione ma da effettuarsi dopo la completa distensione della fogliazione primaverile.
Epoca tipica è il bimestre giugno-luglio mentre sono da evitare i primi due mesi dal germogliamento come anche i due che precedono la spogliazione autunnale del fogliame in autunno.
Per questo motivo, la potatura verde esclude interventi in aprile e maggio come anche in settembre e ottobre. Per la potatura verde, i tagli più idonei sono quelli sia sul germoglio dell'anno quanto quelli sul legno giovane ma evitando comunque tagli superiori ai 4-5 cm in modo tale da permettere una quasi completa sigillatura del taglio già nel corso dell'estate o, al massimo, nella successiva annata.
La potatura verde è spesso effettuata a macchina con tosatrici meccaniche che permettono di garantire forme obbligate a spalliera anche sui filari più alti.
Un richiamo particolare va fatto sui rischi da tracheomicosi, sempre presenti quando si vanno a provocare lesioni sui tessuti in succhio.
Sotto questo aspetto sono perciò da temere molto la grafiosi dell’olmo, il cancro colorato del platano, la tracheoverticilliosi dell’acero, malattie del sistema linfatico tipicamente aggressive in piena stagione vegetativa dalle ferite umide.
E' necessario precisare che, rispetto alla potatura invernale, la potatura verde risulta di aiuto soprattutto nella fase di allevamento delle piante in quanto consente, con interventi rapidi e di modesta entità di indirizzare l'attività vegetativa verso la rapida formazione della struttura portante dell'albero.
Dal punto di vista fisiologico la potatura verde presenta alcune peculiarità:
- a parità di legno asportato riduce la risposta vegetativa delle piante in modo maggiore rispetto alla potatura invernale facilitando il contenimento della chioma su soggetti molto vigorosi;
- rispetto ad una potatura invernale si hanno minori riscoppi di vegetazione;
- consente di verificare la stabilità e rettificare l'ingombro della chioma nel periodo dell'anno in cui è massima la sollecitazione dovuta al peso del fogliame nei punti critici della struttura del vegetale;
- in condizioni di stress idrico-alimentare estivo, riduce i fabbisogni di acqua in quanto viene rimossa massa verde traspirante.
Potatura di impianto
Vanno ben distinte dalle potature di trapianto, che si effettuano per contenere la traspirazione dei vecchi esemplari trasferiti per esigenze particolari.
Le potature di impianto si effettuano invece sulla giovane pianta all'atto della messa a dimora e possono essere anche eseguite in vivaio o sulla pianta sdraiata all'atto della piantagione.
Oggi la tendenza è quella di effettuare potature molto leggere per asportare poco legno.
Si sa infatti che questo legno è la sede delle riserve di energia del giovane albero.
La sua asportazione ha infatti effetti negativi sullo sviluppo dell'apparato radicale da cui risulta una pianta più stressata del normale. Le potature di impianto prevedono 2 interventi dei quali il primo effettuato già alla piantagione ovvero entro 2-3 anni dall'impianto.
Il secondo intervento viene poi eseguito tra il 5° e il 10° anno dalla piantagione.
Le due potature di formazione sono determinanti per indirizzare correttamente l'albero nello sviluppo futuro dei successivi 50 anni. Attenzione però: si può rinunciare completamente alla potatura di impianto solamente quando il sistema radicale della zolla è sicuramente ben sviluppato e proporzionato alla chioma.
Piante mal preparate in vivaio e dotate di zolla senza barbe radicali efficienti vanno necessariamente potate per dare una minima possibilità di sopravvivenza nelle calure estive che chiamano acqua nelle foglie senza che le radici sappiano assorbirla.
Diverso è il caso delle piante affrancate in vaso, perché queste hanno sicuramente una dotazione di capillizio radicale capace di sopportare le richieste della nuova fogliazione; sulle alberature franche di mastello per questo motivo si può evitare qualsiasi potatura di contenimento.
Visto il costo più elevato delle piante in contenitore, la scelta mercantile ricade spesso sulle piante in zolla ma ciò non toglie che sia necessaria la certezza che la zolla contenga una buona dote di barbe radicali pronte alla funzione assorbente.
Da ciò deriva l'importanza di preferire soggetti ben preparati in zolla rispetto a quelli a radice nuda in quanto questi ultimi subiscono quasi sempre traumi all'apparato radicale durante la rimozione, il trasporto e la piantumazione.
Due soggetti messi a dimora senza potatura di impianto, rinviata alla fine del 2° anno di vegetazione per mantenere l’integrità delle riserve del legno nella prima fase di attecchimento. Con la prima potatura di formazione è possibile arrivare infatti ad asportare anche il 50% delle gemme.
• Potatura di riequilibrio
E' una potatura speciale che si effettua una-tantum su alberi che hanno problemi di chioma squilibrata o di disturbo.
Si rende necessaria non tanto per necessità vegetative della pianta, ma per vincoli imposti dalle caratteristiche dell'ambiente urbano limitrofo al soggetto arboreo: presenza di linee elettriche aeree, linee filo-tranviarie, eccessiva vicinanza a fabbricati o manufatti, ecc.
L'intervento limitativo sulla chioma può riguardare il contenimento laterale, quello verticale o entrambi, a seconda dello spazio realmente disponibile.
Anche in questo caso bisogna rispettare il più possibile il portamento naturale della pianta, cercando di mantenere equilibrata la chioma e giocando su dominanza e sottomissione dei rami selezionati con la potatura.
• Potature di ringiovanimento
Questo tipo di potatura, unitamente a quella di risanamento, rientra negli interventi straordinari da attuare durante la fase di vecchiaia delle piante.
Lo scopo di questa potatura è quello di stimolare la formazione, da parte della pianta, di una nuova chioma basale.
Si recideranno perciò i rami laddove si giudica che i tessuti siano ancora vivi e vitali al fine di prolungare la vita del soggetto.
Qualora il soggetto manifesti gravi sintomi di disseccamento apicale, allo scopo di stimolare la formazione di una nuova chioma si dovrà procedere ad una drastica potatura tale da favorire la fase vegetativa su quella riproduttiva di fioritura e fruttificazione.
Tale intervento va dunque inteso come estremo tentativo per prolungare la vita di soggetti arborei che si trovano in stato di avanzata senescenza.
• Potature di risanamento
Questo tipo di intervento non rientra nei normali turni di potatura delle alberate cittadine ma riveste carattere di straordinarietà, in quanto si interviene solo quando le piante presentano branche deperite a causa di attacchi di crittogame che causano carie del legno o cancri corticali come anche di insetti lignicoli.
Su questo ricordiamo che le carie del legno raramente sono causa di mortalità nell'albero ma sono sempre causa di rottura dell'albero (schianto) a differenza dei cancri corticali, capaci di portare a morte porzioni più o meno estese della chioma ma senza provocare primariamente un indebolimento vero del legno.
Gli insetti lignicoli causano danni vicini a quelli delle carie legnose e, come queste, non portano a morte l'albero predisponendolo però al rischio di schianto.
• Capitozzatura
E' una potatura estrema a cui si deve ricorrere in condizioni straordinarie. Deve perciò essere il male minore ed estremo per evitare il taglio dell'albero. Con questo tipo di potatura straordinaria si opera un'asportazione pressoché totale della chioma e si porta la pianta a dovere riemettere vegetazione dalle gemme sottocorticali secondarie o dormienti.
Con la capitozzatura, infatti, si interviene su soggetti che sarebbero da abbattere per le loro condizioni di precarietà ma che sono meritevoli di un intervento estremo di conservazione.
Questo tipo di intervento può trovare comunque giustificazione in ben pochi casi.
Tutto ciò premesso, prendiamo in considerazione gli effetti a medio e lungo termine che la capitozzatura determina ricordando intanto che una potatura razionale e ordinaria non dovrebbe mai asportare più del 30-40% della chioma giovane.
La capitozzatura, al contrario, asporta il 100% della chioma giovane della branca capitozzata e questo elimina i rami ordinari che le gemme vere avrebbero emesso in primavera dell'apparato radicale che, indebolendosi, finisce col comprometterne la stabilità.
In pratica, considerando un esemplare arboreo che può sviluppare anche 2000 mq. di superficie fogliare, che elabora le sostanze necessarie a sostenere ed alimentare i rami, il tronco e le radici, se tale superficie fogliare elaborante viene drasticamente ridotta, il soggetto capitozzato tenterà di emettere vigorosi succhioni a partire da gemme latenti, per sopperire, senza riuscirci, al deficit alimentare che si è venuto a creare, provocando l'insorgere dei processi di deperimento di cui si è detto prima.
La stessa immagine, ripresa da due profili, che mostra un capitozzo eseguito su una vecchia branca cariata e pericolante. In giallo la posizione del collare del ramo (posizione corretta di taglio).
A sx un pesante capitozzo su un olmo, a dx su un cedro. L’olmo è sopravvissuto grazie alla pollonaturadelle gemme latenti mentre il cedro ha perso ogni possibilità di rivegetazione dalle branche capitozzate.
Le grosse superfici di taglio sono vie sicure d'ingresso di agenti cariogeni che finiscono per compromettere la stabilità del soggetto e le sue utili funzioni in ambiente urbano.
Inoltre la nuova vegetazione emessa dopo un capitozzo trae origine da gemme avventizie che producono succhioni (polloni) tutti in competizione tra loro per la ricerca della luce.
Il risultato è una chioma affastellata codominante e male inserita nella branche portanti.
Non da ultimo viene un fatto estetico: con il taglio a capitozzo, l'albero perde irrimediabilmente l'originale forma e bellezza dovuta al portamento naturale tipico della specie di appartenenza.
Anni ’60 –riscoppio di vegetazione da gemme secondarie sottocorticali in un vecchio ippocastano di Parigi a seguito di un maldestro capitozzo
Tentativo mal riuscito di potatura di ricostruzione su vecchi ippocastani cariati e male impalcati, danneggiati per decenni da capitozzi.
Esempi di capitozzi maldestri eseguiti su un vecchio pioppo (a sx) e su un cedro (a dx).
Interessante immagine che mostra la risposta della produzione di legno di reazione (in rosso) secondo la zona di taglio (lettere in campo giallo)
Sviluppo di una carie legnoso dopo un taglio di potatura (E. Michau –Istituto di sviluppo forestale di Francia)
La potatura delle conifere
Tutto quanto esposto finora calza perfettamente sulle latifoglie mentre ha qualche punto debole rispetto alle conifere.
Fisiologia e anatomia delle conifere sono diverse da quella delle latifoglie e di conseguenza saranno diverse anche le tecniche di potatura.
E' noto infatti che l'intensità di ricaccio di nuovi getti dopo un taglio è molto modesta se non nulla rispetto a quella delle latifoglie.
Un bosco ceduo di conifere non è infatti mai esistito!
Inoltre il proseguimento della crescita della cima, quando si verifica, è garantita da una ramificazione sottostante il taglio, che si incurva nella direzione dell'apice preesistente e lo sostituisce. Le tecniche vivaistiche inoltre, hanno consentito di ottenere in anni recenti forme sempre più varie (pendule, prostrate, ecc.) per cui l'aspetto relativo alla forma va considerato in relazione ai singoli casi mantenendo comunque validi i concetti sopra e più avanti esposti.
In generale si può addirittura affermare che se sulle latifoglie le potature sono comunque da limitare allo stretto indispensabile, per le conifere sarebbero addirittura da evitare, ad eccezione di pochi casi particolari.
Esse, infatti, avendo minori capacità di rigenerazione da gemme sottocorticali (dormienti o secondarie), restano più visibilmente “mutilate” e diventano spesso oggetto di cause legali con citazione per danni.
La scheda sotto allegata riporta ad un danno economico pesante causato da un'azienda incapace.
Vi è da precisare infine che la quasi totalità delle conifere è dotata di canali o tasche resinifere il cui contenuto asettico ed impermeabilizzante è utilizzato dalle piante per difendersi dalle aggressioni di patogeni. Ciò nonostante le conifere nulla possono contro le operazioni maldestre di potatura al punto che l'80% delle cause civili per danni alle alberature hanno per oggetto le conifere.
La scheda di perizia sotto riportata mostra un caso di danno totale su due cedri sanzionati con circa 17.500 euro di danno biologico a carico dell'impresa incapace.
• Potatura di trapianto
Diversamente dalle latifoglie, non deve essere utilizzata per le conifere, perché non necessaria.
• Potatura di allevamento
Viene finalizzata all'ottenimento di una forma corretta della pianta mediante l'eliminazione dei rami eccedenti, delle eventuali doppie cime, dell'accorciamento dei rametti sfuggenti tale da consentire un infoltimento della chioma, e viene applicata generalmente solo in vivaio.
• Potatura di mantenimento
Comprende la potatura di riforma e di bilanciamento, di rimonda del secco e di spalcatura.
La potatura di mantenimento si attua prevalentemente per scopi ornamentali nel caso la pianta presenti rami cresciuti eccessivamente rispetto agli altri, doppie o triple punte originate da rotture della cima o comunque da anomalie di forma della chioma.
In particolare su Cupressus e Chamaecyparis allevate in forme obbligate, si ricorre periodicamente al livellamento e pareggiamento della chioma (come per le siepi) con tosa siepe, legando verso il tronco eventuali rami più grossi che tendono a divergere.
Quando la pianta presenta squilibrature o inclinazioni anomale o pericolose, è necessario intervenire con potature di bilanciamento al fine di alleggerire il peso e ridurre il braccio di leva sul lato interessato.
Anche in questo caso può esserci un semplice accorciamento di rami od una loro eliminazione, unicamente ad eventuali ancoraggi, intirantaggi e costruzione di incastellature.
Vi è poi il caso di esemplari monumentali di specie esotiche (es. cedro del Libano) che hanno sviluppato rami orizzontali molto lunghi.
Nei nostri climi, a causa di forti nevicate e tempeste di vento, questi rischiano di essere scosciati e nasce l'esigenza di doverli riequilibrare anche con tagli pesanti spesso abbinati alla posa di tiranti dinamici da 4-8 tonnellate.
La potatura di rimonda consiste infine nell'eliminare i rami secchi soprattutto all'interno della chioma, dove la mancanza di luce provoca il disseccamento della vegetazione.
In particolare è necessaria per specie a forma globosa o ad ombrello (es. Pinus pinea) che tendono a trattenere un eccessivo carico di neve ed offrono troppa resistenza al vento risultandone danneggiate, a causa dell'eccessiva massa di rami secchi che si accumulano nel loro interno.
E' una potatura tipica della fase di vecchiaia in cui la pianta produce meno gemme a legno perché l'attività vegetativa è ridotta ed i rami non vengono rinnovati.
Una speciale rimonda è quella che chiamiamo “spalcatura” e che consiste nel tagliare alcuni palchi di rami inferiori nel caso questi siano secchi.
La spalcatura può anche rendersi necessaria sui rami bassi di disturbo alla circolazione dei veicoli.
La spalcatura viene utilizzata anche nei pioppeti e soprattutto negli impianti di conifere a rapida crescita (dal decimo anno in poi) eliminando alcuni palchi con il procedere della crescita dell'albero al fine di ottenere legname privo di nodi e quindi di maggior pregio tecnologico.
• Potatura di ringiovanimento
Non si applica alle conifere per i problemi fisiologici più volte menzionati.
• Potatura di risanamento
Si attua per rimediare a situazioni eccezionali come la rottura di cimali e branche dovuta ad eccessivi carichi nevosi, tempeste di vento, fulmini oppure ad attacchi parassitari.
Richiede tagli di rinnovo, spesso difficili, per sostituire le parti danneggiate e pericolanti.
Nel caso di attacchi parassitari (nidi di Processionaria, galle di Sacchiphantes, copazzi causati da Melampsorella, ecc...) il risanamento deve invece eliminare i rami colpiti, ricorrendo poi a trattamenti con fitofarmaci se l'attacco è esteso a tutta la chioma.
• Potatura di contenimento
E' attuata nel caso che la pianta sia cresciuta ostacolando un edificio o una strada.
Nel primo caso si tratterà di eliminare i rami eccedenti od accorciarli, badando a non squilibrare la pianta e quindi intervenendo anche sul lato opposto, se necessario.
Nel secondo caso si procederà alla spalcatura fino all'altezza opportuna a carico dei rami inferiori che possono ostacolare il traffico.
a cura di
Fiorenzo Pandini
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