Distanze legali di piantagione

Anche le piante, come gli animali da compagnia o quelli allevati in zootecnia, sono sottomesse a norme e leggi da rispettare.

Per quanto riguarda le distanze di piantagione tra confinanti, le norme sono richiamate nel codice civile agli articoli 892-896 fatti salvi usi o regolamenti locali che possono però essere solo più restrittivi.

L'obbligo di rispetto delle distanze è rivolto sia ad evitare l'invasione delle radici che delle chiome nel fondo a confine.

La giurisprudenza distingue le piante in diverse categorie facendo riferimento, non sempre per la verità, alla loro crescita potenziale: si parla perciò di piante d’alto fusto, di medio fusto e di arbusti.

Ciò è però riduttivo, in quanto lo sviluppo di una pianta non può essere determinato in astratto, ma solo in relazione alle concrete condizioni climatiche e alle modalità di coltivazione.

La stessa pianta, ad esempio un Ficus elastica, può essere un modesto arbusto d'appartamento a Bolzano come anche diventare una vera pianta d'alto fusto in Sicilia o in Liguria.

Anche la nozione di arbusto diventa spesso solo orientativa perché gli arbusti possono, col tempo, diventare veri alberi:

un esempio su tutti viene dagli allori e dai laurocerasi capaci di raggiungere anche i 7-8m di altezza se lasciati liberi di crescere.

Tenuto conto degli esempi citati dalla legge nazionale, si possono ipotizzare d’alto fusto le piante che, nella zona climatica in cui vengono piantate, supereranno agevolmente i 6-7m di altezza complessiva o che posseggono un fusto, prima delle biforcazioni, di più di tre metri di altezza.

Non sono di alto fusto, di conseguenza, meli, peri, susini, peschi e sambuchi.

La Cassazione ha nettamente affermato che la pianta va classificata in base alla sua dimensione “potenziale” se lasciata libera di sviluppare: tradotto in pratica questo significa che un tiglio o un platano sono e restano di alto fusto anche se uno li capitozza ogni anno nanizzandoli.

La sentenza appare però irrazionale e in contrasto con l'art. 892 del Codice Civile in cui si prevede espressamente che castagni e ontani (botanicamente vere piante d’alto fusto) possano venire periodicamente tagliati al piede mantenendoli a ceppaia e accreditandoli perciò di una distanza minima dal confine di 1m.

Il punto oscuro sta nel significato di “periodicità” del taglio al piede in quanto è ben intuibile il comportamento di un filare ceduato a turno di 15-20anni rispetto ad un filare tagliato al piede ogni anno.

 

Cosa dice il codice civile


Gli articoli di legge a cui rifarsi per la posa di piante dal confine sono i seguenti:

- 0,5m di distanza minima per gli arbusti, le viti, le piante rampicanti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non superiore a 2,5 m.

- 1,5m di distanza minima per le piante non di alto fusto,

- 3,0m di distanza minima per le piante di alto fusto quali pini, cipressi, tigli, platani, noci.

A questa regola generale ci sono però eccezioni curiose:

a) possono infatti essere ammesse a 1,0m dal confine le piante di alto fusto mantenute a siepe con taglio periodico al piede in modo da sfruttare i polloni del ceppo (castagno, ontano, ecc.);

b) a 2,0m le siepi di robinie mantenute in forma obbligata con taglio periodico;

Se così è, la legge inciampa in una dissertazione poco leale sulla tipologia di siepe in quanto ne ammette ben tre tipi:

1. quella di canne, cespugli e arbusti ammessi a 50cm dal confine;

2. quella di piante arboree "periodicamente" tagliate al piede ammesse a 1,0m;

3. Quella di robinie in forma obbligata ammesse a 2,0m dal confine.

Il secondo e terzo caso sono un vuoto legislativo enorme in quanto la legge non dice quale sia il turno di taglio “periodico” al piede e nemmeno che altezza possa  avere la siepe di robinie, capace dopo qualche anno di raggiungere anche i 6-7m di altezza.

Le distanze ora viste possono poi essere disattese quando sul confine vi è un muro che sia esso di proprietà esclusiva di uno dei due confinanti oppure comune, a condizione però che le piante siano potate in modo da non superare l'altezza del muro.

Il muro al confine può essere alto fino a tre metri (art. 878 C.C.); se però si ha il diritto di tenere un muro di maggior altezza, anche le piante possono essere fatte crescere vicino ad esso fino alla sua altezza.

La presenza recinzioni con rete, filo spinato o staccionata, non incide invece sulle distanze stabilite dal Codice Civile.

 

Le vecchie piantagioni e le diatribe tra confinanti


Sulle vecchie piantagioni possono esserci delle servitù che di fatto permettono di non rispettare le misure minime stabilite per legge.

Ci riferiamo ai diritti acquisiti:

- per contratto

- per la norma detta della "destinazione del padre di famiglia"

- per diritto da usucapioneventennale

Il secondo caso riguarda, ad esempio, i casi di divisione o di compravendita del terreno che hanno portato il confine a trovarsi presso l'albero.

Il terzo caso è invece il più diffuso e si realizza quando un confinante, per almeno vent'anni, non reagisce al fatto che una pianta sul fondo vicino cresca a distanza non legale.

Si tenga ben chiaro che i 20 anni non riguardano l’età dell’albero ma la data di piantagione e questo genera vere battaglie legali per dimostrare la data di piantagione.

Quando il diritto è acquisito, si può conservare l'albero, ma se questo muore o viene abbattuto non può essere sostituito.

Se il diritto non è invece ancora stato acquisito, il confinante può richiedere, in qualunque momento, la recisione dell'albero.

Su questi aspetti la Cassazione è andata addirittura oltre con la sentenza 3289 del 6 marzo 2003, riconoscendo addirittura al proprietario di un albero a distanza non legale (ma con diritto acquisito di mantenimento) che il confinante deve sottostare a sua volta ai 3,0m di distanza nel caso di nuova edificazione.

 

Rami, radici e frutti sul terreno altrui


E’ l’articolo 896 del Codice Civile a regolare i rapporti del confinante con l'albero che lo "invade".

L’articolo prevede infatti che il proprietario di un terreno può, in qualunque tempo, costringere il vicino a recidere i rami di un albero che si protendono sul proprio fondo anche nel caso in cui il taglio possa generare gravi danni all’albero stesso.

Il diritto prevede che il taglio dei rami invadenti vada eseguito a filo-confine e che nessuna porzione vegetativa possa invadere il confinante. Non è difficile immaginare cosa possa capitare ad un albero monumentale posto a 3,0m da un confine e conformato con una chioma che si espande anche 10m lateralmente.

La legge non ammette concessioni.

In un caso del genere tutta la chioma invadente andrebbe sicuramente eliminata anche se i danni morfologici e fisiologici all’albero sono tali pregiudicarne la vita.

La recisione deve però sempre essere effettuata dal proprietario dell'albero e non dal confinante “invaso” sulle radici la legge invece permette a chi è invaso di procedere autonomamente alla recisione delle stesse in qualunque momento dell’anno anche se il taglio va a creare danni o rischi all’albero.

Nel caso dell’esempio precedente dell’albero monumentale diventa intuibile come il taglio delle radici sul fronte andato oltre confine possa creare stress linfatico alla pianta se non, addirittura, il rischio di infezioni patogene o addirittura il rischio di ribaltamento per sradicamento.

Nel caso di un albero le cui radici invadenti un fondo altrui siano state danneggiate dal confinante con interventi di diversa natura, nulla è dovuto infatti al proprietario della pianta, in quanto le radici invadenti possono essere in ogni momento e con ogni metodo eliminate o devitalizzate.

Il richiamo è particolarmente significativo perché solleva completamente il confinante invaso dalle radici anche nel caso in cui questi sia ritenuto responsabile di un diserbo che ha portato a morte l’albero del vicino.

 

Fiorenzo Pandini
Dottore Agronomo

fpandini@studiopandini.it