Taglio alberi in zona a vincolo paesaggistico – Marzo 2018
Come controbattere l’Ente che non ottempera alle disposizioni del d.p.r. 31/2017
La tutela del paesaggio trova nel Codice Urbani (d. lgs n. 42/2004) il pilastro che ha sostenuto e vincolato ogni intervento di taglio di alberi ornamentali all’interno di parchi e giardini ricadenti in aree sotto vincolo paesaggistico.
Il recente d.p.r. n. 31/2017 ha semplificato e agevolato gli interventi di sostituzione di alberi con altri soggetti “adulti” di stessa specie o di specie autoctona o di specie tipica dei luoghi.
La semplificazione portata dal decreto ha comunque conservato all’interno della procedura paesaggistica semplificata il taglio degli “alberi monumentali” ricadenti all’interno dei vincoli della lettera a) dell’art. 136 del Codice unitamente agli “alberi dei giardini di particolare bellezza” ricadenti nei vincoli della lettera b) dello stesso articolo. Il taglio con sostituzione degli alberi interessati dai vincoli delle lettere c) e d) dell’art. 136, unitamente a quelli nelle aree rientranti nell’articolo 142 del Codice, sono stati invece alleggeriti dall’autorizzazione paesaggistica semplificata proprio per le finalità di “semplificazione” delle istruttorie che miravano al rinnovo di alcune alberature che non soddisfacevano le proprietà o che soffrivano qualche problema agronomico o estetico ingestibile.
Grazie al d.p.r. 31/2017, molti giardini e parchi “mummificati” dai vincoli paesaggistici hanno trovato maggiore libertà per essere risanati o riequilibrati grazie all’esonero della procedura paesaggistica spesso utilizzata dai Comuni e dalle Soprintendenze per “conservare con accanimento terapeutico” vecchi errori di piantagione, piante deperenti o senza significato paesaggistico o senza valore botanico..
Gli artt. 2 e 4 unitamente all’allegato A, punto A.14, sono i richiami normativi che permettono oggi l’esclusione dalla procedura paesaggistica, lasciando sempre e comunque in carico agli uffici comunali competenti il nulla-osta all’intervento nel rispetto di eventuali norme locali degli strumenti pianificatori.
Il recepimento del nuovo regolamento è stato però mal digerito da qualche amministrazione comunale che, purtroppo non raramente, ha bloccato qualche istanza a seguito della posizione ostruzionistica della commissione paesaggistica comunale, nonostante la chiara esclusione stabilita dal d.p.r. 31/2017 che nell’allegato A.14) espressamente esonera da procedura paesaggistica gli interventi di sostituzione di alberi con soggetti adulti della stessa specie, o di specie autoctona o storicamente naturalizzata e tipica dei luoghi. .
Come opporsi, in casi simili, all’Ente pubblico che cerca di sottomettere ad autorizzazione paesaggistica un intervento che ne è invece escluso dalle norme di legge?
In prima battuta viene sempre la necessità di disporre di un diniego scritto da parte dell’Ente, senza il quale non è possibile controbattere puntualmente ai motivi della bocciatura dell’istanza.
In seconda battuta, prima di qualsiasi azione legale, viene certamente la convenienza di chiedere all’Ente una “rilettura dell’istanza” alla luce degli spunti che andremo a citare nel seguito dell’articolo.
Solo in terza ed estrema-ratio, al cittadino vessato converrà confrontarsi con un legale in modo da focalizzare le irregolarità amministrative, le rilevanze civili o i riscontri penali in cui è caduto l’Ente che ha rifiutato le disposizioni dell’allegato A.
Le motivazioni più diffuse che troviamo nei dinieghi ingiustificati degli Enti che rifiutano la semplificazione del decreto 31 sono le seguenti:
1) …l’intervento non è riconosciuto di lieve entità,
2) …il taglio ha notevole incidenza paesaggistica,
3) …la sostituzione con altra specie modifica il quadro estetico del verde,
4) …la sostituzione non avviene esattamente “nello stesso punto” dell’espianto dell’albero,
5) …in via “precauzionale” l’Ente rimanda la valutazione alla commissione paesaggistica
Riflessioni tecnico-giuridiche sulla sostituzione di alberi in vincolo paesaggistico
1) Il taglio-alberi è riconosciuto, per legge, intervento di lieve entità dal d.p.r. 139/2010 e come tale è regolamentato dalle disposizioni del d.p.r. 31/2017; non può perciò essere considerato “rilevante”.
2) Se l’Ente valutatore non concede l’esonero dalla procedura paesaggistica, invocando “…l’incidenza apprezzabile dell’intervento sull’assetto del paesaggio…”, va ben ribadito come l’incidenza stessa non sia elemento discriminante in quanto ciò che impone o meno dall’obbligo di procedura paesaggistica è unicamente il tipo di vincolo presente sull’area e non l’incidenza paesaggistica dell’intervento di taglio e piantagione, come ben indicato dalle disposizioni del d.p.r. 31/2017 nello stesso allegato A.
3) Il cambio di specie botanica, spesso rifiutato dall’Ente valutatore e rimandato a valutazione paesaggistica, è illegittimo e insostenibile in quanto ammesso sempre dall’allegato A nel punto A.14 nel momento in cui questo consente la “…sostituzione con esemplari adulti di specie autoctone o storicamente naturalizzate e tipiche dei luoghi”. Il cambio di specie è perciò ammesso con molte soluzioni botaniche.
4) L’eventuale diniego dell’Ente perché “…la sostituzione delle essenze avviene non precisamente nello stesso punto dell’area…” è ugualmente irrilevante poiché le disposizioni di legge che regolano l’esclusione dalla procedura paesaggistica non discriminano in base al posizionamento delle nuove piante ma unicamente in funzione del tipo di vincolo paesaggistico esistente (rivedi punto 1).
5) Curiosa è infine la posizione di qualche Enti “indeciso” che rimanda l’istanza alla procedura paesaggistica “…per precauzione … considerando l’intervento di caso dubbio…”; anche questa posizione è insostenibile quando l’istanza riguarda in modo inequivocabile un intervento di taglio con successiva piantagione compensativa con alberi adulti, di specie ammessa e nella stessa proprietà.
Parimenti l’Ente non può escludere le disposizioni dell’allegato A rimandando la pratica “… in via precauzionale…” alle disposizioni dell’allegato B che prevedono la procedura paesaggistica, anche perché nessuna delle 42 casistiche di questo sono riconducibili ad un intervento di taglio-alberi con sostituzione.
Un discorso a sé meritano le piante da frutto quali sono i meli, i peri, i ciliegi o gli albicocchi; per queste, vista la loro natura “agricola” con turno fisiologico inferiore a quello di alberi ornamentali quali tigli, querce, platani o magnolie, va detto che le piante da frutto non sono assoggettate a nessun vincolo paesaggistico e pertanto possono essere liberamente eliminate (o sostituite) anche con altre specie, senza obblighi di reimpianto con un nuovo fruttifero. L’allegato A.14 del d.p.r. 31/17 non fa perciò altro che ribadire quanto già affermato prima del decreto di semplificazione.
Un’ultima distinzione va infine portata agli alberi dei boschi sui quali esiste una specifica normativa di settore di respiro regionale vincolata agli uffici agricoltura e foreste.
Va innanzitutto ben distinto, nei boschi, il taglio colturale dal disboscamento: il primo rientra nel normale ciclo della coltivazione boschiva mentre il secondo porta alla perdita del bosco a favore della realizzazione di strade, manufatti, edifici.
Il primo non è perciò mai assoggettabile ad autorizzazione paesaggistica, come sancito dalla sentenza n. 14/1996 della Corte Costituzionale, a differenza del secondo che, risultando intervento di trasformazione del bosco, resta sempre assoggettabile all’autorizzazione paesaggistica semplificata.
Un elemento importante che conferma come non esistano diversità di approccio tra boschi rica-denti all’interno di aree di notevole interesse pubblico (art. 136 del Codice) e boschi in aree tutelate per legge (art. 142 del Codice) lo si trova nella sentenza prima citata, allorché questa va ad affermare come “la preservazione nel tempo di boschi e foreste … costituisce lo scopo sia della protezione forestale che di quella paesaggistica generale. In vista di questo obiettivo, la legge statale, sottoponendo a vincolo tutti i boschi, prevede che il taglio colturale e le altre operazioni ammesse possano essere compiute con autorizzazione forestale, senza che sia necessaria anche l'autorizzazione paesaggistica, che verrebbe a sovrapporsi e ad iterare il contenuto della prima. La finalità generale di conservazione dei boschi nel tempo, che caratterizza la norma di protezione, non muta e non può operare diversamente a seconda del territorio sul quale il bosco stesso insiste”.
Questo è il motivo per cui il taglio colturale del bosco non può essere mai assoggettato ad autorizzazione paesaggistica.
Di Fiorenzo Pandini,
dottore agronomo, Brescia
fiorenzo.pandini@studioagron.it